“Al di là della sua bellezza, che era magica, aveva un portamento meraviglioso. Il collo sembrava quasi troppo fragile per sostenere la testa e la reggeva con un senso di sorpresa e con quella specie di orgoglio del giocoliere che riesce a far sembrare quasi casuale un’abile mossa”
A descrivere con queste parole, estasiate, la figura di Vivien Leigh è stato il suo grande amore e collega, Laurence Olivier.
L’attrice nacque il 5 novembre del 1913 e fu una delle grandi star dell’età d’oro di Hollywood.
La bellezza magica, l’indole focosa, fecero ottenere a Vivien Leigh la parte che la rese immortale, trasformandola per sempre in Rossella O’Hara. Ma non riuscirono però a proteggere la donna dalla sua irrequietudine e dai suoi fantasmi.
Fu una vita breve quella dell’attrice britannica, piena di arte, di battaglie e di tormenti.

Rossella O’Hara, una delle figure femminili più indocili e battagliere che la storia del cinema hollywoodiano ricordi. La protagonista indomita del kolossal Via col Vento fu un ruolo cruciale per Vivien Leigh. Le fece guadagnare il primo Oscar, praticamente al suo esordio nel cinema americano.
Vivian Leigh recitò in molti altri film, ma soprattutto fu un animale da palcoscenico. Ed è a teatro che più si manifestò il suo talento. Al teatro spesso tornava e sempre pensava mentre, per sua stessa ammissione, soffriva l’ambiente del cinema e il lavoro sul set.




Eppure, fu proprio il ruolo della tenace Rossella O’Hara a far diventare Vivien Leigh l’icona di una femminilità indipendente e battagliera che puntando sulle sue forze e sulle sue capacità tiene testa a ogni sventura, calamità, ostacolo si metta sulla sua faticosa strada. Al motto di “domani è un altro giorno”, la vitalità, e lo spirito guerriero di Rossella, hanno ispirato generazioni di spettatrici.
E molta di quell’indole pare fosse propria dell’attrice che la incarnava. Anche quella di Vivien fu una vita perennemente in trincea, a battagliare con il mondo che la circondava e con i propri fantasmi che, a lungo andare, ebbero la meglio.
Nel frattempo però, c’era l’arte e il suo potere salvifico. L’arte chiamò a sé Vivien Leigh, sin da piccolissima. L’arte che fu il motivo della prima decisiva ribellione al primo marito, che non voleva che la sua giovane e bellissima moglie, già madre di una figlia, si iscrivesse all’Accademia per realizzare il suo sogno di sempre: recitare.
Fu l’arte anche il motivo che portò Vivien Leigh a incontrare il grande amore della sua vita, Laurence Olivier, e a farle decidere, sin da subito,“sposerò quell’uomo!”, sebbene entrambi gli attori fossero in quel momento già sposati con altre persone. Eppure andò a finire proprio come Vivien aveva voluto, e il lungo percorso con Olivier, fu insieme esistenziale e artistico.




Insieme realizzarono produzioni di cui erano protagonisti, e spesso il marito diresse la moglie. Insieme furono anche sui set cinematografici, quello de la “Regina Elisabetta”, che fu galeotto e testimone del nascere del loro amore. E più tardi quello de “Il Grande Ammiraglio” in cui incarnavano le figure dell’ammiraglio Nelson e della sua amante.
Un sodalizio di cui la mostra alla Casa del Cinema dà ricca testimonianza.
Un sodalizio che ha conosciuto, alti e bassi, vittorie e sconfitte.
Quando a Vivien Leigh arriva la proposta per il ruolo di Blanch ne Un tram chiamato desiderio, il marito che già è costretto da anni a sostenere una moglie in preda a sbalzi d’umore improvvisi prima e a una vera e propria sindrome bipolare poi, si oppone, temendo che un testo con tematiche così forte potesse aggravare la già precaria situazione di salute della moglie.
Ma Vivien, ancora una volta, non sente ragioni. Vuole quella parte e la ottiene, prima a teatro, poi, sul set, dove stringe subito una forte amicizia con Marlon Brando.




Mentre il matrimonio con Olivier si chiude, Vivien Leigh, trionfa di nuovo a Hollywood. La parte di Blanch le regala il secondo Oscar, ma da quel momento la diva imbocca anche la strada che la porterà nel tunnel della follia.