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Vinicio Marchioni: “La cultura ci salva”

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Vinicio Marchioni, si racconta al pubblico: ricordi, aneddoti e il potere salvifico della bellezza.

“Mi fa un certo effetto ritornarne qui dopo quasi 35 anni, e vedere che alcuni professori che avevo io all’epoca insegnano ancora in questo Istituto. È stato proprio grazie ad un’associazione studentesca di questo Istituto, che organizzava concerti e spettacoli teatrali, che mi sono avvicinato alla poesia. In un periodo complicato per la mia famiglia, loro mi hanno dato una mano enorme. Nel 1985 invece che stare nella piazza di Fidene, che non era un bel posto da frequentare, a fare gli scippi o andare a fare cazzotti con altri ragazzi, leggevo e studiavo. A 16/17 anni leggere certi libri ti permette di aprire la mente, e questo penso sia stata la svolta più importante nella mia vita. In questo la scuola è fatta dagli insegnanti e da quanto hanno la coscienza di essere fondamentali per i ragazzi”.

Vinicio Marchioni si racconta così ai romani che hanno riempito la palestra dell’Istituto comprensivo Fidenae, nell’omonima borgata in cui l’attore è nato e cresciuto, dove si è svolto il nuovo incontro della serie “Me ’mpiccio! Storie e immagini di Roma”, organizzata da Grande come una città.

Nonostante sia nato e cresciuto in un contesto difficile, e il rapporto con i libri non sia sempre stato roseo, grazie alla madre l’attore ha preso la strada più coraggiosa,che gli ha permesso di essere quello che è oggi, ossia studiare:

“Mia madre faceva le pulizie e diceva sempre ‘i libri non si toccano’ e quindi sono cresciuto con questa cosa. In realtà questo, con gli anni, mi ha incuriosito moltissimo. ” racconta Marchioni “Quando poi li ho aperti davvero quei libri, mi si è aperto un mondo. Un altro gancio fondamentale è stata la scuola. Se ne parla spesso erroneamente, perché si tende a generalizzare. Dobbiamo imparare a distinguere tra la scuola e gli esseri umani che fanno la scuola (insegnanti, presidi, ecc…). Quello che sono oggi lo devo a mia madre, che mi ha insegnato l’amore per quei libri, e agli insegnanti che ho avuto”.

Durante l’adolescenza l’attore racconta di essere stato molot simile al personaggio che interpreta nel film Tutta colpa di Freud: anche Vinicio Marchioni, come il ladro di libri sordomuto, per avvicinarsi ad un mondo che solo in un secondo momento scoprirà essere il suo, arriva a “rubare” per poter studiare, come ricorda raccontando al pubblico

“Mia madre si è alzata per quarant’anni della sua vita alle 4/5 del mattino per andare a fare le pulizie. Siccome dovevo mettere in scena il mio primo spettacolo, le prime fotocopie del copione le ho fatte svegliandomi presto per andare a lavorare con lei, rubando le fotocopie nell’ufficio dove andavamo a fare le pulizie”.

Oggi Vinicio Marchioni è un attore di successo che si divide tra cinema, con all’attivo 23 film, teatro, con 13 piece teatrali e tv. Le cose, però, non sono sempre state facili per lui, a causa della sua balbuzie, ereditata dal nonno e dal padre. Il percorso di accettazione non è stato immediato, ma la recitazione lo ha aiutato molto e quello che in passato considerava un limite oggi è una marcia in più:

“La mia grande fortuna nel fare questo lavoro è quella di poter resuscitare ogni volta in un altro essere umano, o per finta o per un certo periodo di tempo. Negli anni mi sono spesso ritrovato a riflettere su questa cosa e sono arrivato alla conclusione che sia importante lavorare sui difetti e sulle mancanze, sulle cose che non funzionano di noi. Credo che questo sia un concetto enorme da condividere, in una società che ci vuole tutti uguali. Tutti inseguiamo il successo o i followers per essere più ‘fighi’. Però le cose che ci rendono veramente unici sono le mancanze di ognuno di noi. Sono queste a renderci meravigliosi e vanno, allo stesso tempo, coltivate e superate. Negli anni ti rendi conto di come diventino una marcia in più. Nel mio mestiere le cose fondamentali sono due: l’ascolto e il respiro.Detto da me può sembrare un grandissimo paradosso, però è proprio a causa di questo mio problema che ho voluto conoscere meglio come funziona realmente il fatto di respirare, che diamo per scontato tutti quanti, ma che in realtà, è la prima unica e vera realtà per vivere bene”.

Il teatro oggi ricopre nella sua vita un ruolo molto importante e come ogni attore che si rispetti ha anche lui un “rito” che lo aiuta a combattere la cosiddetta “ansia da palcoscenico” che lo pervade prima di ogni entrata in scena. Non ne fa mistero ai presenti e svela la sua “cura”:

“Prima degli spettacoli, o prima di entrare nei camerini, che avevo una paura enorme, andavo in un posto: il retro della salita del Campidoglio, dove si vedono i Fori. Vado lì perché i primi spettacoli che ho fatto erano al Teatro della Cometa, che si trova lì vicino. Guardare quell’eternità mi faceva sentire una cosa piccola e questo mi ha sempre dato un senso di pace. Quella paura c’è sempre, ed è una delle insicurezze più belle del mondo. Fondamentale perché fa uscire meglio tutto, e diventa un problema nel momento in cui non la si prova più”.

Nonostante la periferia non sia più la sua realtà di vita, Vinicio Marchioni si fa portavoce di quei cittadini che si impegnano ogni giorno per offrire ai ragazzi di quartiere una realtà bella in cui crescere, e uno dei modi per farlo è diffondendo la cultura:

“Bisogna far vedere ed insegnare l’arte ai ragazzi. Se ahi 15 anni e vivi dove l’unico luogo di ritrovo è un bar, la scuola che non funziona e tuo zio spinge il fumo o la cocaina, è molto difficile uscirne. Ecco perché il lavoro nelle periferie è fondamentale. È importante che ci siano libri gratis per poter insegnare ai figli che c’è altro da guardare. È importante creare per loro degli spazi in cui ritrovarsi ed esprimersi liberamente. La bellezza va frequentata per questo. È attraverso gli esempi positivi che conosco le potenzialità che ho anche io in quanto essere umano. Con le nuove tecnologie oggi siamo abituati ad avere tutto a portata di mano. La sfida è diventata quindi quella di far uscire da casa le persone. Non si è più predisposti all’incontro, a parlare, a farsi meravigliare da una storia, ad essere incuriositi da qualcosa che non si conosce. Dobbiamo riscoprire la magia dell’incontro, proprio come siamo noi qui oggi, a guardarci negli occhi e non attraverso i social”.

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