daniele davide paitoni

Non è possibile accettare nemmeno una virgola del video di Beppe Grillo. Quello in cui parla di cose che non sa, ovvero di uno stupro e di come dovrebbe reagire la vittima.

Nessuno, nemmeno i suoi fedelissimi hanno potuto dargli ragione questa volta. Perché se c’è un’indagine aperta per stupro, anche se l’indagato è tuo figlio, non puoi permetterti di scagliarti pubblicamente contro la presunta vittima. Perché il punto è esattamente questo. Qui non ci soffermiamo sull’inchiests ma solo sul perchè quel video ha fatto infuriare tanto.

Nessuna giustificazione regge, neanche quella emotiva. E nemmeno molte cose dette nel video reggono.

Non bisogna essere un penalista per esempio, per sapere che gli indagati non sono in carcere perché, fino alla sentenza,  il carcere per stupro è previsto solo in fragranza di reato.

E non bisogna esserlo nemmeno per sapere che la denuncia può essere sporta entro un anno, una novità introdotta dal codice rosso, perchè prima il termine era comunque di 6 mesi. E se i termini sono questi è perchè alla base ci sono fondati motivi per lasciare alla vittima lo spazio anche solo per capire che ha subito una violenza, poi quello per raccoglierte le forze, poi quello per superare la difficoltà psicologica e spesso anche ambientale e poi andare a denunciare, ovvero fare un atto pubblico davanti a pubblici ufficiali, e dare così avvio a un percorso che non è certo una passeggiata di salute.

Visto che nel video Beppe Grillo parla da padre di un figlio su cui da due anni pende  un’accusa di stupro, qualcosa in questi mesi dovrebbe aver approfondito.

Ma lasciando da parte i dettagli tecnici, ciò che ha reso questo video inaccettabile agli occhi della società civile è il tentativo di rivittimizzazione. Una dinamica contro cui le vittime di violenza si trovano sempre a dover combattere, come se il peso che già si portano dentro non fosse abbastanza grande.

“E’ andata a fare kite surf”, “Ha denunciato dopo giorni”. Ma che ne sai tu, Beppe Grillo, di che cosa scatena nell’animo e nella testa della vittima uno stupro?

Posto che rimane compito degli inquirenti e dell’autorità giudiziaria stabilire quello che è davvero successo, di certo nel 2021 nessuno, tanto meno un personaggio pubblico, nemmeno se padre angosciato, dovrebbe permettersi di fare victim blaming su una donna che sporge una denuncia così pesante e, ancora oggi, così difficile da sporgere. E se è così difficile è proprio perché nella società ancora resiste quel tipo di mentalità di cui è specchio sconcertante il discorso di Beppe Grillo.

Sono dinamiche e pensieri incancreniti la cui profondità è quasi insondabile. Ma che bisogna assolutamente sradicare in ogni modo possibile, percorrendo ogni strada. Bisogna spezzare la catena con cui questa mentalità passa di generazione in generazione. Finché continueremo a minimizzare ogni cosa, finché faremo la premessa “Come padre/madre capisco ma”…non faremo altro che testimoniare quanto profondamente radicata sia una cultura che vede ancora lo stupro come qualcosa che può capitare… E se capita di certo qualche responsabilità la vittima ce l’ha.

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