Giuseppe Fiorello sul set del film Stranizza d'Amuri Credits: Ufficio Stampa

L’esordio alla regia di Giuseppe Fiorello porta il titolo di Stranizza d’amuri, come quello di una della canzoni più intense di Franco Battiato, scritta rigorosamente in dialetto siciliano. Nella sua prima direzione cinematografica Giuseppe Fiorello ci porta quindi nella sua Sicilia. Siamo nella calda estate del 1982 dove, mentre dai televisori arrivano le immagini del percorso degli azzurri in Spagna verso la conquista della Coppa del Mondo di calcio, due adolescenti,  Gianni e Nino (interpretati da Gabriele Pizzurro e Samuel Segreto), si incontrano per caso e poi si amano per scelta. Purtroppo però dovranno vedersela con ignoranza e pregiudizio, dolore e isolamento e anche rischi per la propria incolumità.

Il tema del film quindi, è la discriminazione omofoba, su cui, una storia degli anni ’80, può raccontarci ancora molto.

Il titolo è in uscita in sala il 23 marzo in sala con Bim ed è dedicato esplicitamente a Giorgio e Antonio, detto Toni, vittime del delitto di Giarre. Un episodio tragico che fu un momento fondamentale per la nascita del movimento per i diritti LGBTQ+ in Italia, e portò alla fondazione azione del primo Circolo Arcigay.

Il Delitto di Giarre, la storia vera che ha ispirato Giuseppe Fiorello

I cadaveri di due ragazzi che si tengono per mano, ognuno con un colpo di pistola in fronte, vengono ritrovati il 30 ottobre 1980 nella Villa del Principe, a Giarre, più o meno 20000 anime nella Sicilia orientale. Accanto ai corpi un biglietto, che sembra un messaggio di addio consapevole.

I corpi appartengono a Giorgio Agatino Giammona, di 25 anni, e ad Antonio, detto Toni, Galatola, di15. I ‘ziti’ (fidanzati), li chiamavano in paese, perché quei due ragazzi si amavano ed erano inseparabili. Giorgio era sprezzantemente appellato come ‘u puppu’ (il frocio) da quando, anni prima, i carabinieri del paese lo avevano sorpreso in auto con un coetaneo.

Il motivo per cui i corpi dei due amanti vengono ritrovati senza vita, con un colpo di pistola in fronte, finiti in una modalità che a non pochi osservatori fa pensare a un’esecuzione, ha un nome che riecheggia velocemente intorno ai ragazzi morti di Giarre: omofobia.

Quei due ragazzi hanno pagato con la vita la loro relazione. Ma chiunque abbia provato a vederci più chiaro, e a cercare di capire se ci fosse stato davvero l’esecutore o il mandante di quello che, secondo molti, fu in realtà un delitto mascherato da altro, si è scontrato sin da subito con un’insormontabile muro di omertà e depistaggi.

In un primo momento infatti, si auto accusò del delitto di Giarre un cugino di Toni, Francesco Messina, tredicenne e dunque non imputabile. Il ragazzino raccontò di essere stato costretto a uccidere i due ragazzi sotto la loro stessa minaccia: o ci uccidi o noi uccidiamo te. Ma non passarono due giorni che Messina ritrattò la sua versione, parlando di pressioni ricevute per assumersi la colpa.

In seguito la tesi fu quella del doppio suicidio prima e poi, quella dell’omicidio-suicidio. Giorgio, quel ‘puppo’ impenitente, avrebbe ucciso prima il compagno più giovane e poi si sarebbe dato la morte.

La nascita dell’ Arcigay e del movimento LGBTQ+ in Italia

La fine tragica e ingiusta di Giorgio e Toni rimane ancora oggi avvolta in una nebbia. Ma da quell’ episodio non fu più possibile voltare la testa dall’altra parte. Iniziò un’importante presa di coscienza dell’opinione pubblica sull’esistenza e il grado di violenza della discriminazione omofoba.

Sull’onda dell’indignazione e del dolore legati ai fatti di Giarre, pche settimane dopo a Palermo, per iniziativa di don Marco Bisceglia, nasce il primo circolo Arcigay. Un’iniziativa che poi si replicò in tutta Italia.

La storia vera a cui è dedicato il film di Giuseppe Fiorello Stranizza d’Amuri è quindi legata non solo il pregiudizio, la discriminazione e la violenza omofoba, ma anche la nascita e il primo sviluppo del movimento italiano per i diritti LGBTQ+.

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