Secondo il Coni è l’atleta donna azzurra del secolo. Eppure, la carriera strabiliante di Sara Simeoni, inizia con una delusione.
Quella che diventerà uno dei più grandi nomi della storia dell’atletica italiana da piccola, come tante sue coetanee, voleva diventare una ballerina. Si impegnava davvero tanto nelle lezioni, ma a un certo punto della sua crescita fu evidente che ballerina, la giovane Sara, non sarebbe diventata mai. Troppo alta.
Fu così che quella ragazzina slanciata cercò un’alternativa al suo sogno e inciampò nell’atletica. Iniziò con la corsa, ma l’allenatore capì subito che non era particolarmente portata. Proviamo con il salto, si sono detti.
Al terzo tentativo, fallito il piano A e il piano B, Sara Simeoni incontra il suo destino.
Ha solo 13 anni quando durante un campo scuola a Verona, prova, quasi per gioco, un salto, che equivale al primato italiano per la sua età. Intorno a lei, che racconterà poi di non aver capito perché, si scatena l’entusiasmo.
Un entusiasmo giustificato perché, anche se in quel momento non può saperlo nessuno, sta nascendo una delle stelle più brillanti dello sport italiano del ‘900.
Sara Simeoni, nata il 19 aprile 1953 a Rivoli Veronese, è stata la seconda donna della storia dello sport azzurro ad aver conquistato una medaglia olimpica nell’atletica, ma nel suo caso le medaglie sono state tre. Quella del metallo più prezioso, conquistata a Mosca nel 1980, e due argenti, uno a Montreal nel 1976 e l’altro a Los Angeles nel 1984.
Sterminato il suo palmares, basterà ricordare che Sara Simeoni è stata la prima donna in assoluto a saltare oltre i 2 metri, fissando il record mondiale a 2, 01. Un primato che ha tenuto per oltre quattro anni. Mentre il suo record italiano è stato imbattuto per ben 36 anni.
Per una ragazzina che voleva fare la ballerina e che all’atletica non ci pensava proprio, niente male no?
La verità è che Sara Simeoni, una volta incontrato il salto in alto se ne è totalmente innamorata.
Schiva e seria, a leggere un’intervista dell’epoca in cui tante speranze azzurre erano fondate su di lei, sembra quasi non rendersi esattamente conto del suo talento.
“Non credo di ritenermi dotata di particolari qualità solo perché madre natura mi ha messo in condizione di poter effettuare salti in alto abbastanza importanti”, dice all’intervistatore.
Che non può fare a meno di notare come ‘la nostra miglior saltatrice in alto si presenta in maniera non comune’.
Dietro questa modestia, come dietro ogni storia sportiva, si nascondono sacrifici e lunghe sedute di allenamenti quotidiani che le permettono, tra i 13 e i 17 anni, una progressione incredibile, che le fa migliorare il primato italiano di dieci centimetri alla volta.
Nella sua strada verso la gloria, come sempre succede, Sara Simeoni fa anche gli incontri giusti. Il primo è con il professor Bragagnolo, l’allenatore che ha portato in Italia il ‘salto alla fosbury’, ovvero il salto in alto di schiena che fino ad allora non era praticato in Italia.
Questa nuova tecnica si rivela molto appropriata per lei, e l’aiuta a volare sempre più in alto.
Poi, Sara Simeoni incontra sulla sua strada Erminio Azzaro, ex atleta azzurro che diventa prima suo allenatore, poi suo compagno e, nel 1987, suo marito.
Gli anni d’oro che incoroneranno Sara Simeoni regina indiscussa del salto in alto mondiale, sono quelli che vanno dal 1976 al 1984.
In mezzo, tre Olimpiadi trionfali, un record del mondo e una rivalità da manuale con la tedesca orientale Rosemarie Ackermann, la prima donna al mondo a saltare i 2 metri nel 1977.
Non passò un anno che Sara Simeoni saltò ancora più in alto, diventando la prima donna a superare i 2 metri con un balzo a 2,01 mt.
Certamente, l’alloro più importante portato in Italia da Sara Simeoni fu l’oro di Mosca, conquistato volando a 1,97 mt e senza avere avuto la soddisfazione di sentir risuonare l’inno nazionale al momento della premiazione a causa della protesta contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dell’U.R.S.S.
Quattro anni dopo, a Los Angeles, la Simeoni, portabandiera degli azzurri, all’età di 31 anni, conquista il suo secondo argento olimpico.
Nel frattempo studia e si diploma all’Isef e, terminata la sua strepitosa carriera agonistica, si dedica con passione all’insegnamento e rimane una testimonial dello sport italiano, prestando il suo volto e il suo tempo a campagne importanti come quella sul fair play.
Nel 2014, in occasione dei 100 anni del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, viene nominata ‘atleta femminile del centenario’, considerata la donna che meglio rappresenta un secolo di passione e vittorie dello sport azzurro.