giovanni truppi sanremo

Giovanni Truppi arriva a Sanremo 2022 con l’emozione di chi si appresta a calcare il palco dell’Ariston per la prima volta e con la consapevolezza di essere un po’ un ‘outsider’ del contesto festivaliero. Il suo è uno di quei nomi che suoneranno poco famigliari al pubblico di Rai Uno, ma che hanno molto da dire anche su una ribalta come quella sanremese.

Il cantautore napoletano porterà in gara una canzone d’amore, “Tuo padre, mia madre, Lucia” che vuole raccontare il momento in cui una coppia ha ormai costruito un legame solido e non c’è più ‘via di scampo’, definisce se stessa come coppia e anche all’esterno è riconosciuta come tale. La fotografia di un preciso momento dell’evoluzione di un amore adulto. Nella serata delle cover sarà sul palco insieme a Vinicio Capossela con la sua versione di “Nella mia ora di libertà” di Fabrizio De Andrè

Giovanni Truppi, sei un po’ il baluardo della musica d’autore e della musica indipendente a Sanremo. Ci racconti la tua canzone e questo titolo un po’ ‘alla Rino Gaetano’?

E’ una canzone in continuità con il mio stile, con le mie canzoni precedenti come ‘Conoscerti in un momento di difficoltà’. Nel brano di Sanremo abbiamo cercato di raccontare una coppia formata che vive l’esperienza di costruire un amore, con le parti belle, quelle difficili e il confronto con il mondo esterno una madre, un suocero o Lucia, che è il nome di mia figlia. Penso che sia il passaggio fondamentale di quando una coppia cresce e si presenta e si rapporta come tale con il mondo esterno.

Questa canzone parla d’amore, l’ineluttabilità di vedersi con l’altra persona in futuro, e i tre personaggi del titolo sono in realtà solo spettatori della vicenda dei protagonisti.

Hai scelto una cover di De Andrè, “Nella mia ora di libertà” e la eseguirai con Vinicio Capossela, raccontaci perché

Ho cercato, con il maggior rispetto possibile fare mia questa canzone. Non mi interessa realizzare una versione uguale a quella originale con cui sono cresciuto e verso cui ho profondo rispetto.

Di Vinicio Capossela sono felicissimo. E’ uno degli artisti che mi ha più guidato, con la sua musica ma anche con il suo piglio, in tutto il mio percorso artistico come ispirazione. Questa canzone mi spaventa, il fatto che lui abbia accettato di partecipare, mi fa sentire più tranquillo e più forte.

Dimostri comunque un bel coraggio nello scegliere De Andrè

Io sento di non avere alternative quando lavoro, mi costa si un po’ di coraggio e fatica, ma mi sembra sempre necessaria la direzione che imbocco.

Sei un giovane cantautore napoletano, qual è l’influenza di Napoli sul tuo lavoro?

Tutta la cultura napoletana, e quella musicale in particolare, è stata fondamentale per la mia formazione. L’attitudine della scuola neapolitan power, per esempio, la sento vicina a me. Per l’attenzione che metto nella parte musicale e di approfondimento degli strumenti. Sono debitore dello sguardo che Napoli ti dona sul mondo. Sono legato molto anche alle canzoni tradizionali napoletane, al fatto di raccontare una storia in una maniera più che classica, antica. Un altro maestro per me, oltre a Pino Daniele, è Edoardo Bennato.

Dicci qualcosa in più dei personaggi nel titolo della canzone di Sanremo 2022, “Tuo padre, mia madre, Lucia”

I personaggi che appaiono nel titolo sono i miei, i suoceri, mia figlia, ma al di là del fatto che li ho messi nella canzone, vivo con grande imbarazzo il fatto che ci sia una parte della mia vita dentro questo brano. Ma in effetti loro sono solo degli spettatori rispetto a quello che accade. Sono personaggi esistenti, ma non fondamentali nella storia.

Qual è tuo approccio a Sanremo? Tu sei un po’ un outsider, porti l’approccio cantautorale, hai alle spalle già tanti lavori ma sei meno conosciuto al grande pubblico, come la vivi?

In generale vivo abbastanza tormento interiore prima di qualsiasi esibizione, con i numeri che crescono cresce il tormento, ma fa parte del mio lavoro. Cerco di non pensarci più di tanto per non sentirmi poi troppo sotto pressione nel momento in cui dovrò cantare che è la cosa più importante.

Cosa pensi della tua strada fin qui e quali altre ambizioni hai?

Credo che quello che volevo era fare questo mestiere, senza avere esattamente le idee chiare sul come. Volevo solo suonare, cantare, scrivermi ed esprimermi attraverso la musica. I miei amori erano ovviamente ben chiari e tuttora mi interessa fare questo lavoro finché ne avrò voglia, rimanendo fedele ai miei valori e a quello che ho costruito finora.

Quali sono i ricordi personali di Sanremo di Giovanni Truppi? Lo seguivi quando eri piccolo?

Durante l’infanzia non ho ricordi, credo che i miei genitori non lo seguissero. Ma ho ricordi dalle scuole medie in poi, avvicinandomi alla musica l’ho sempre seguito. A casa mia non prendeva Mtv, l’ho sempre seguito anche con una componente di goliardia, facevamo riunioni con gli amici per divertirci e guardare il festival insieme. Per un periodo mi sono mantenuto dando lezioni di canto e attraverso le lezioni agli alunni ho studiato spesso canzoni del festival.

Una canzone di Sanremo a cui sei particolarmente affezionato?

Per me la canzone che rappresenta il Festival di Sanremo è Perdere l’amore di Massimo Ranieri, ma come contraltare ricordo l’apparizione meravigliosa dei Quintorigo con Rospo.

C’è qualcuno dei tuoi colleghi che sarai particolarmente contento di trovare a Sanremo?

Sono un grande appassionato della musica di Rappresentante di Lista e di Dargen D’Amico. Mi piace molto Ditonellapiaga e apprezzo la musica di Fabrizio Moro: anche se lo sento meno affine a me, è un autore che stimo molto.

Rispondi