L’11 novembre i cittadini romani sono chiamati ad esprimersi tramite referendum, sulla possibilità di aprire il trasporto pubblico romano ad altri soggetti oltre Atac. Ecco come.
Il referendum invisibile si avvicina e noi cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Nel silenzio delle istituzioni, che pur avrebbero l’obbligo di darne la più completa informazione ai cittadini chiamati al voto, ci avviciniamo a domenica 11 novembre, data in cui si svolgerà il referendum su Atac.
Domenica i romani saranno chiamati a votare su una delle croci delle loro giornate, un’azienda che ingoia tempo, pazienza nonché milioni di euro di tutti i romani.
Cerchiamo perciò di sopperire alle mancanze di chi di dovere e di dare qualche informazione.
Il referendum in oggetto, che avrà luogo domenica 11 novembre, ha valore consultivo. Promosso dai Radicali Italiani, il referendum ha lo scopo di far esprimere la cittadinanza sulla possibilità di liberalizzare il trasporto pubblico romano, che al momento è in mano alla municipalizzata Atac e anche, per le linee periferiche, alla privata RomaTPL.
I quesiti referendari su cui i romani saranno chiamati ad esprimersi sono due:
1) “Volete voi che Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?”
2) “Volete voi che Roma Capitale, fermi restando i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e rotaia comunque affidati, favorisca e promuova altresì l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza?”
Atac, come tutti sanno, è un’azienda che versa in grosse difficoltà.
L’obiettivo dei promotori del referendum è mettere fine al monopolio di Atac e mettere a gara, aperta ad altri soggetti, il trasporto pubblico romano, così come detta, tra l’altro, la legge vigente, che prevede la gara europea, a meno che non si dimostri che l’azienda scelta in house, sia in grado di erogare un servizio superiore a qualsiasi competitor. Dunque, è questo il caso di Atac? Vediamo.
Atac è un’azienda municipalizzata che ha cumulato 1,3 miliardi di debiti, fallita di fatto, sebbene sia sotto concordato. L’efficienza della flotta e del servizio sono sotto gli occhi e nelle drammatiche esperienze quotidiane di tutti gli utenti. L’offerta attuale di Atac, e cioè la somma di tutte le percorrenze di tutti gli autobus in un anno, secondo quanto scrive Internazionale in un interessante articolo sul referendum (che trovate qui), è di 84 milioni di chilometri, sebbene , il contratto con il Comune ne preveda 101 milioni.
Il contratto con Atac, in scadenza nel 2019, è stato prorogato fino al 2021 dal comune, con la motivazione di “dare tempo all’azienda di ripianare i conti.” Cosa che, in effetti, è di interesse pubblico, giacchè i debiti di Atac, cumulati in decenni di malagestione sono, a ben guardare, debiti sul groppone dei romani.
Il concordato, che è stato salutato come un successo dalla giunta capitolina, prevede che, per un certo periodo di tempo, i fornitori non possano più fare ingiunzioni di pagamento ad Atac, con la conseguenza che le gare vanno deserte, proprio per la paura di non essere pagati da parte dei fornitori.
In questo quadro, i sostenitori del ‘Sì’, sostengono che l’apertura ad altri soggetti possa aiutare a rendere più efficiente l’erogazione del servizio di trasporto pubblico a Roma.
I sostenitori del ‘No’, facenti parte di diversi schieramenti politici di destra, sinistra e X, a cominciare dalla sindaca Virginia Raggi, rispondono con la preoccupazione che un privato possa non garantire un interesse pubblico e anche che, a Roma, il privato, nel trasporto pubblico, già c’è: è quel TPL che si occupa di parte delle linee periferiche, con esiti disastrosi. Nonostante questa consapevolezza, il comune di Roma ha deciso di prorogare la concessione a RomaTPL, scaduta nel giugno 2018.
Altra preoccupazione, comprensibile, dei sostenitori del ‘No’, nonchè dei sindacati, è il destino dei tanti lavoratori Atac. La legge di cui abbiamo accennato, prevede che, nel caso un soggetto privato si aggiudichi la gara, sia in obbligo di assumere tutti i lavoratori (ad esclusione dei dirigenti), alle stesse condizioni attuali.
Il secondo quesito invece, porta i cittadini ad esprimersi sulle nuove forme di mobilità che, nonostante il ritardo della politica, si stanno già, molto naturalmente, diffondendo in città: car sharing, car pooling e tutti gli altri sistemi di mobilità collettiva, sostenibile e flessibile che oggi sono possibili grazie alla diffusione della tecnologia. Servizi a chiamata, a portata di app, per modalità di trasporto non certo individuali, ma di gruppo, per far risparmiare risorse e andare ancor di più nella direzione della razionalizzazione dei trasporti in questa città congestionata, in modo da alleggerire le linee fisse del trasporto pubblico e trovare il modo di fornire un servizio sempre più capillare ed efficiente.
Il referendum, ricordiamo, ha valore consultivo, dunque il risultato non sarà vincolante per il comune. Ma di certo avrà un valore di indirizzo di cui la giunta non potrà non tenere conto.
Si vota, barrando “Sì” o “No”, domenica 11 novembre, dalle 8 alle 21, nei consueti seggi elettorali.