Real Italy
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Scavare nella contemporaneità per trovare l’essenza dell’Italia di oggi: è il presupposto da cui parte Real Italy, la mostra che apre oggi al MAXXI

“Una mostra che nasce nel segno di una ricerca, di uno scavo nella contemporaneità”. Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi, presenta così “Real Italy”: la mostra che animerà il museo romano fino al 26 aprile. Il titolo – canzonatorio e appropriato insieme – la descrive bene: l’Italia vista da 13 suoi abitanti, da dentro e da fuori: reale e piena di dolorose contraddizioni.

Real Italy è la prima esposizione realizzata in coproduzione con la Direzione Generale Creatività Contemporanea del MiBACT e riunisce nei corridoi del Maxxi i vincitori delle prime due edizioni dell’Italian Council. Programma nato nel 2017 proprio dal ministero e giunto nel 2020 alla sua ottava edizione, ha come obbiettivo promozione e diffusione delle creazioni contemporanee italiane attraverso il finanziamento della realizzazione delle opere vincitrici. Un bando che si intende rafforzare, assicura il direttore generale Nicola Borrelli.

I 13 selezionati – tra le sale sapientemente allestite dai curatori Eleonora Farina e Matteo Piccioni – portano la loro personale visione di quelli che Melandri definisce “i grandi irrisolti italiani”. La mafia, gli ambienti carcerari, la condizione della donna, la speculazione sulle opere pubbliche sono solo alcuni. “A livello territoriale restituiscono la complessità del nostro Paese attraverso la loro lente personale”, per il direttore Maxxi Arte, Bartolomeo Pietromarchi. Lenti che si avvalgono della danza, del cinema, della fotografia e dei materiali grezzi.

In “San Vittore”, per esempio, Yuri Ancarani realizza un montaggio che alterna riprese delle procedure che i figli dei detenuti del carcere affrontano ogni giorno per andare a trovare i genitori e disegni che i bambini hanno fatto della struttura. A volte un castello, altre una casa dell’orrore, altre ancora semplicemente “il posto dove sta papà”, con le croci alle finestre.

Alice Gosti ha provato invece a spiegare “Come diventare un partigiano”. Coreografa e danzatrice, ha realizzato una performance di cinque ore al CAOS di Terni che mette insieme musica e movimenti, tentando di ricreare il procedimento mentale dell’impegno politico. “È uno spettacolo a porte aperte – spiega Gosti – voglio che il pubblico sia libero di andare via quando è sazio”.

Con “Incompiuto – la nascita dello stile”, Alterazioni Video compone un atlante di tutte le architetture pubbliche mai completate in Italia. C’è persino un album di foto, quasi fossero i ricordi sbiaditi di una madre ormai smemorata. “Incompiuto è il più importante stile architettonico del Paese dal secondo dopoguerra ad oggi” spiega l’artista nel suo Manifesto, e in quel malcelato sarcasmo c’è tutta la tragicità del vero.

Tragico è anche “Il Pensiero che non diventa Azione avvelena l’Anima”, la riflessione di Eva Frapiccini sulla mafia. Un archivio in progress di testimonianze e oggetti appartenuti a personaggi chiave della lotta alla malavita. Su una parete una mappa concettuale ne illustra legami ed episodi centrali, proprio come una ragnatela che può essere insieme trappola e liberazione.

Proprio di ricerca di libertà parla il progetto visionario di Leone Contini, “Il corno mancante”. Una ricerca senza speranza destinata a rappresentare l’eterno vagare, legata a un episodio del 1943. Allora una bomba dell’esercito inglese distrusse parte delle collezioni etnografiche del Castello Sforzesco. Tra le macerie venne ritrovata una statuetta del “Distruttore della Morte” della dinastia Qing, priva del suo corno. Contini racconta questa ricerca in una Milano piena di tesori da scoprire, anche e sopratutto culturali.

Impressionante anche la proposta “cittadina” offerta da Margherita Moscardini nel suo “The fountains of Za’atari”. Qui l’artista mette in vendita modelli di cortili con fontana realizzati ispirandosi a quelli presenti nell’omonimo campo profughi in Giordania, diffondendo un’idea di comunità che può nascere e rafforzarsi ovunque.

Poi ancora l’arte urbana a neon di Patrick Tuttofuoco, l’esperimento di Luca Trevisani in “Dream Republic 224” che ha incorniciato i sonni – e i sogni – di persone invitate a dormire nella stanza in cui si suicidò Raymond Roussel. La Oude Kerk di Amsterdam sotto il filtro di Giorgio Andreotta Calò e la Grenoble periferica nello sguardo di Nicolò Degiorgis. Anna Franceschini, che con “Cartaburro” esplora le donne viste dall’architetto Carlo Mollino e Flavio Favelli che con lo spunto di due francobolli di epoca fascista parla di memoria e storia. Infine la messa in scena di sceneggiature perdute del cinema italiano da parte di Danilo Correale, che in “Diranno che li ho uccisi io” dà vita per la prima volta ad “A boccaperta” di Carmelo Bene o a “Brigate Rosse” di Dario Argento, film in cantiere ma mai realizzati. Incompiuti, tornando ad Alterazioni Video.

“Real_Italy” parla, invariabilmente, di casa. Del Paese che i 13 artisti hanno imparato a chiamare in questo modo e delle contraddizioni che lo animano ogni giorno. Parla, sopratutto, di imperfezione e di lotta. Perché in questa Italia confusa è ancora una volta l’arte a dettare la strada del progresso.

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