Le manovre per designare il prossimo inquilino del Quirinale entrano nel vivo e si moltiplicano le voci che auspicano che, dopo 12 uomini, salga al Colle finalmente, una donna.
Un dibattito che si trascina già da diverse settimane, e che ha visto prese di posizione varie e anche un leader di partito, Giuseppe Conte, esporsi apertamente su questa ipotesi.
Ieri è arrivato anche l’appello di un gruppo di donne attive nel mondo della cultura e dello spettacolo, che si sono rivolte direttamente ai grandi elettori per convincerli a riflettere sulla necessità di un Capo di Stato donna in questo momento storico.
Una donna al Quirinale, l’appello delle donne della cultura
Arriva dunque nel pieno del confronto tra partiti e correnti in vista delle elezioni del prossimo Presidente della Repubblica, un appello scritto e firmato da un gruppo di donne esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo.
Una lettera, rivolta a chi ha la responsabilità di decidere la nomina del prossimo Capo di Stato, perché punti su una delle tante donne italiane, meritevoli e competenti, in grado di entrare al Quirinale e guidare il paese.
A firmare l’appello sono Dacia Maraini, Fiorella Mannoia, Michela Murgia, Liliana Cavani, Serena Dandini, Edith Bruck, Silvia Avallone, Melania Mazzucco, Stefania Auci e altre.
Si legge nella lettera pubblica: “E’ tempo di una donna al Quirinale. Non ci sono ragioni accettabili per rimandare ancora questa scelta. Ci rivolgiamo a voi, fate uno scatto. L’elezione di una donna alla Presidenza della Repubblica sarà la nostra, e la vostra, forza”.
“Crediamo sia giunto il momento di dare concretezza a quell’idea di parità di genere, così tanto condivisa e sostenuta dalle forze più democratiche e progressiste del nostro Paese. Si parla di democrazia dei generi ma da questo punto di vista l’Italia è una democrazia largamente incompiuta”.
In questa premessa, in effetti, c’è tutto il dibattito che si sta sviluppando sull’ipotesi di una donna al Colle.
Una donna al Quirinale, tutti d’accordo, a parole
Il punto focale è proprio il concetto di ‘dare concretezza’ all’idea di parità di genere su cui, ‘a parole’, si è tutti d’accordo.
Il dibattito non è nuovo e, da qualche anno, si ripropone a ogni tornata elettorale per il Quirinale.
Come ben ricostruisce Giulia Merlo sul quotidiano Domani, l’idea di una donna Presidente della Repubblica è stata usata, nel tempo, un po’ da tutti, come scudo, mentre si tessevano nell’ombra alleanze che poi avrebbero portato ai veri nomi (tutti maschili) su cui poi si sono concentrati i voti dei grandi elettori.
Tanto che, fare il nome di una donna, viene ormai considerata una ‘tecnica’ dei partiti, a confondere le acque e sembrare aperti e davvero interessati alla questione.
E d’altronde, parliamo di quelle stesse compagini politiche che, nelle recenti elezioni amministrative, non sono state in grado di candidare alla carica di sindaco delle grandi città nemmeno un nome femminile. Possono mai ora trovare l’accordo su un nome, oltretutto condiviso, di donna per la massima carica della Repubblica?
La cosa appare improbabile. Sebbene in molti giochino la carta del pink washing, una carta, appunto, del tutto formale, all’ombra della quale agire poi in modo più concreto.
Certo, i nomi di donne ‘presidenziabili’ continuano a circolare in queste ore, rimbombano rumors su Marta Cartabia, Elisabetta Belloni, Anna Finocchiaro, Maria Elisabetta Casellati, Paola Severino, Liliana Segre (che ha già detto un chiarissimo ‘no’).
Ma vedremo davvero voti a loro nome? La sensazione è che questa battaglia non venga al momento presa con la serietà che merita da parte degli apparati di partito.
Una donna Presidente della Repubblica, un’occasione per tutti
Eppure, i Grandi Elettori, si apprestano a sprecare un’occasione, non tenendo in considerazione la possibilità di una leadership davvero innovativa per un paese che esce lacerato da questa lunga stagione pandemica.
Una donna Presidente della Repubblica sarebbe un segnale fortissimo nella direzione dell’apertura al nuovo e della ricerca di soluzioni diverse, ovvero quelle che richiede il nuovo mondo da ricostruire dopo l’emergenza.
Perché la verità è questa, se ancora qualcuno non riesce a vederlo, niente sarà mai più come prima. E un mondo nuovo, con problemi nuovi da affrontare, ha bisogno di risorse nuove e di uno sguardo nuovo.
Fermo restando ovviamente le competenze che servono per ricoprire il più alto incarico della Repubblica, chi succederà a Mattarella si ritroverà sulle spalle un peso gigantesco, quello di garante di una ‘ricostruzione’, prima di tutto del tessuto sociale della nazione. Una ricostruzione che, se non vuole fallire, deve diventare massimamente inclusiva, ricucire strappi e suturare ferite. E lo deve fare guardando avanti e non indietro. Attingendo a risorse e punti di vista ancora poco sfruttati.
Ecco perché la nomina di una donna competente al Quirinale, potrebbe essere un’occasione per sperimentare una guida diversa e, proprio grazie alla sua diversità, capace di interpretare più velocemente imput nuovi a cui servono risposte nuove.