Non è la Rai

Per chi era adolescente negli anni ’90 scoprire che sono passati già tre decenni dalla prima puntata di un programma iconico come Non è la Rai sarà un colpo al cuore.

Eppure, proprio in questo anniversario dei 30 anni, è piacevole ripercorrere le atmosfere e il sapore, non solo di quella televisione, ma di quel decennio, sfogliando le pagine del libro “C’era una volta Non è la Rai”, con le foto dell’epoca di Marco Geppetti che visse in prima linea, negli studi del Palatino, quel fenomeno mediatico, e i testi di Marika De Sandoli, che svelano ricordi e anneddoti di chi c’era.

Abbiamo chiesto proprio alla coautrice di raccontarci qualcosa di questa gloriosa impresa pop e di accompagnarci in un colorato viaggio nel tempo, alla scoperta di quel che viene svelato nel libro.

C’era una volta non è la Rai, intervista a Marika De Sandoli

E così ci siamo ritrovate lì, sul divano di casa davanti alla tv, appena tornate da scuola e prima di fare i compiti. Pronte a divertirci con le canzoni, la musica, l’allegria che hanno colorato i nostri pomeriggi. Senza dimenticare, ovviamente, le immancabili polemiche che, ieri come oggi, hanno accompagnato l’onda del fenomeno Non è la Rai.

Ma andiamo per ordine.

Marika raccontaci, come nasce il libro C’era una volta non è la Rai?

Il libro è nato un po’ casualmente. Durante il lockdown avevo visto una foto di Arianna Becchetti ai tempi di Non è la Rai postata sul profilo Instagram dal suo autore, Marco Geppetti, che scriveva “Prima o poi scriverò un libro”. E io gli ho scritto: “Facciamolo!”. E’ nata così una collaborazione, non ci conoscevamo, ma lui ha intuito che avrei potuto spronarlo a realizzare questo progetto che aveva nella testa da tanto tempo.

Che tipo di idea c’era alla base di questo progetto?

Quando ci siamo incontrati, Marco mi ha spiegato che avrebbe voluto realizzare un volume che non fosse solo fotografico, ma che fosse anche un racconto. Quindi aveva bisogno di qualcuno che si occupasse dei testi e che mettesse insieme quella marea di aneddoti, ricordi, retroscena di cui era custode, avendo lavorato sul campo tutti i giorni per sei anni. Lui infatti aveva iniziato a fotografare negli studi già con le ultime due stagioni di Domenica In firmate Boncompagni, che erano l’anticipazione di quello che poi è venuto dopo. Una volta conquistata la reciproca stima e fiducia, ovviamente ha seguito il regista anche a Fininvest, documentando così con i suoi scatti tutta l’epopea di Non è la Rai.

E’ stato un bel tuffo nel passato?

E’ stata una bella avventura, abbiamo lavorato raccogliendo e mettendo ordine ai ricordi, sfogliando e scegliendo le foto e le diapositive che Marco aveva realizzato sia in studio tv sia per i posatini di Cioè, che all’epoca voleva raccontare la realtà delle teenagers attraverso personaggi in cui le ragazzine potessero riconoscersi, e quali personaggi migliori delle ragazze di Non è la Rai?

Abbiamo poi arricchito questo libro anche con i ricordi di tre ex Ragazze di non è la Rai, ovvero Arianna Becchetti, Alessandra Cotta e Gaia Camossi che sono venute a sfogliare le foto e ci hanno raccontato le loro storie. Quindi diciamo che Marco Geppetti è l’anima di questo libro, io sono il corpo, ho dato concretezza al progetto.

Ma cosa troveranno i lettori nel libro C’era una volta Non è la Rai?

Il libro è costruito su tanti piccoli episodi, come dei flash, delle piccole chicche sparse, finalizzate al nostro obiettivo principale che era quello di raccontare un’epoca. In questo ovviamente le foto sono super evocative, basta dare un’occhiata agli scatti pubblicati per tornare a quegli anni, guardando le acconciature, i vestiti, lo stile. In più, ci sono gli aneddoti che raccontano un’esperienza umana legata a quel decennio. Perché non viene raccontata un’avventura solo professionale, ma anche di crescita, amicizia, di rapporti umani in un mondo a parte, fatto di spensieratezza e leggerezza, ma che è stato comunque anche un enorme fenomeno di costume. C’è quindi il racconto del programma, ma ci sono anche tanti ricordi inediti che riguardano le ragazze fuori dagli studi, nei loro contesti quotidiani e familiari.

Oltre la tv dunque?

Si, perché se queste ragazze normali a un certo punto diventarono famosissime, considerate da molti delle piccole dive, ma in realtà per la maggior parte del tempo, fuori dalla tv, erano normalissime adolescenti dell’epoca. E questo racconto tenero e affettuoso, secondo me è una delle cose più interessanti, inedite, che troverete in questo libro.

All’epoca Non è la Rai fu anche catalizzatore di molte polemiche al limite della crociata, questo lo raccontate nel libro?

E’ stato un grande fenomeno, e quindi ha attirato anche delle polemiche enormi, addirittura interrogazioni parlamentari, di cui raccontiamo. Non è la Rai all’epoca è stato caricato di un significato che in realtà nelle intenzioni non c’era. Questo libro è dedicato a Gianni Boncompagni, e al suo modo di fare televisione, che era un modo scanzonato e provocatorio. Lo spettacolo puntava tutto sulla freschezza e la semplicità. E funzionò anche il fatto che ha di riuscire a fa sognare qualsiasi ragazzina o ragazzino di poter diventare una piccola star. Boncompagni si divertiva soprattutto a provocare e tutti sono cascati nel suo gioco. Fior di intellettuali che dissero la loro . E se la presero, per esempio, con Ambra e la sua auricolare. Provocando il grande divertimento di Boncompagni, un artista che si divertiva facendo divertire.

Eppure, esce dal libro anche la dimensione professionale

Si, alla fine dietro un prodotto percepito come immediato era tutto molto professionale. Le ragazze stesse, pur giovanissime, lo erano, perché svolgevano un lavoro. Un lavoro divertente, ma molto impegnativo, con degli orari e delle regole rigide che l’inflessibile Irene Ghergo faceva rispettare. Andavano in diretta dal lunedì al venerdì, in più facevano delle prove, c’era quindi un gran lavoro dietro. Eppure tutto questo non toglieva nulla alla spontaneità e all’allegria che creava quella ‘bolla’ che ha fatto la fortuna della trasmissione. Non è la Rai era l’irreality show, perché rappresentava un mondo di spensieratezza che in realtà non esiste.

Tornando alle polemiche, anche l’uscita del vostro libro ne ha provocate. Un’ex ragazza del programma, vi ha contestato il titolo. Sostiene che il richiamo alla favola di quel C’era una volta… sia fuori luogo perché negli studi del Palatino non era tutto rose e fiori. Come rispondi a questo?

Chiunque leggerà il libro capirà che queste polemiche sono campate in aria. Non c’è nulla di pruriginoso e soprattutto non c’è alcun tentativo di rendere tutto più pulito o nascondere chissà cosa. Nel libro raccontiamo anche di rivalità, piccoli screzi, ecc. Ma bisogna anche dire che si trattava di un ambiente molto protetto. La maggior parte delle ragazze erano accompagnate dai genitori che rimanevano lì tutto il tempo e le seguivano molto. Penso che quasi sempre la malizia sia negli occhi di chi guarda. Penso che chi ha voluto creare polemica non abbia nemmeno letto “C’era una volta Non è la Rai”.

Un tuo personale ricordo di Non è la Rai?

Il mio ricordo personale della trasmissione è legato soprattutto alla musica. Tramite quel programma ho conosciuto autori che non andavano di moda, oltre ai brani di Raffaella Carrà e altre canzoni italiane, c’erano anche brani impegnati, Wilson Pickett, Aretha Franklyn, tutti noi ragazzini stavamo a sentire canzoni bellissime, non di moda e che altrimenti, forse, non avremmo mai conosciute a quell’età, visto che noi eravamo immersi nella techno. E questo è un altro elemento personale portato da Boncompagni, grande conoscitore e divulgatore di musica. Questo è quello che più ricordo, oltre a quel momento di leggerezza che ogni pomeriggio potevamo vivere.

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