Il saluto a Monica Vitti da parte della sua città sarà domani, quando verrà aperta la camera ardente in Campidoglio dalle 10 alle 18. E poi, con i funerali nella chiesa degli artisti a piazza del Popolo, e chiunque potrà andare a rendere omaggio a una diva antidiva, figlia della sua città e che di questa assorbiva e restituiva ispirazioni, tic e filosofia di vita.
Romana di sette generazioni
Nata tra i palazzi umbertini di v. Francesco Crispi, romana di sette generazioni da parte di padre, ha amato viaggiare e scoprire l’Italia e il mondo, ma sempre tornando a Roma.
E’ stata forse, insieme ad Anna Magnani, e con caratteristiche totalmente diverse, l’attrice che meglio ha incarnato nei personaggi dei suoi film, soprattutto commedie, certi aspetti della romanità.
Tanto Nannarella era esagerata, melodrammatica e fumantina, quanto Monica era sorniona e capace di quelle battute fulminanti frutto di un’ironia e una prontezza di spirito che una città che in 3000 anni ne ha viste di tutti i colori, trasmette inevitabilmente ai suoi figli. Perché, questo sorriso paraculo, di chi la sa sempre più lunga dell’interlocutore e non si sconvolge mai di niente, manco di incrociare il papa a passeggio, questa ironia che si fonda tutto sulla filosofia “Ridi, che domani po’ esse che te svegli sotto un cipresso”, non è proprio cinismo, è più il disincanto elevato a filosofia di vita.
La vita nostra è breve, ce lo testimoniano le imponenti rovine che fanno da sfondo alle nostre esistenze. Loro sono l’eternità, Roma è l’eternità, noi siamo un granellino di passaggio. Questo ce lo troviamo davanti tutti i giorni da quando nasciamo. Impossibile non esserne coscienti e questa coscienza fa sviluppare un particolare tipo di atteggiamento. Che consiste, oltre che in uno sguardo dissacrante sul mondo, in un certo senso pratico, ma anche in una resistenza alle difficoltà o, come si dice adesso, resilienza.
L’essenza della romanità nei suoi film più famosi
Tra i personaggi più noti di Monica Vitti, ci sono molti esempi di queste caratteristiche.
Resiliente per esempio, era la sua Dea Adami, la protagonista di Polvere di Stelle. Soubrette di una sgangherata compagnia di varietà alla disperata ricerca di ingaggi negli anni della guerra a Roma, che per disperazione accetta una turnè che si rivela un girone infernale, viaggiando nei vagoni merci, provando i crampi della fame, accettando compromessi e sventure ma non rinunciando mai a sperare che il vento cambi e il destino regali loro l’attesa ‘svolta’. E quindi, a ogni sconfitta in battaglia, l’illusione della possibile vittoria della guerra, riaccende la passione.
Quella passione che è il guaio di Adelaide, la fioraia indecisa tra due pretendenti con le facce di Marcello Mastroianni e Giancarlo Giannini in Dramma della gelosia, tutti i particolari in cronaca. Un capolavoro che è un affresco grottesco del proletariato romano nei primi anni ’70. Il dramma ci sarebbe tutto, tra tormenti, litigi, ripensamenti, tentativi di suicidio e di omicidio e diverse corse in ospedale. Se non fosse che siamo a Roma, e in fondo in fondo, agitarsi non vale la pena perché a tutto c’è rimedio. Come si dice: ‘che vuoi che sia, in confronto all’eternità?’…Adelaide nel suo ruolo di vittima della situazione, in realtà è una che prova a cercare la sua felicità, ma possibilmente con il minimo sforzo e il massimo risultato. Una paracula insomma.
Così come potrebbe passare per paracula la moglie di Amore mio aiutami che, invaghita di un uomo, ha la faccia come il mattonato di San Pietro di chiedere aiuto al marito perché l’aiuti nelle sue pene d’amore (con un altro!).
E poi c’è lei, uno dei personaggi femminili romani più noti al mondo, un’eroina, la Tosca, che Monica Vitti interpretò per Gigi Magni a fianco di Gigi Proietti. E qui, ci troviamo davanti ad un’altra caratteristica, ben illustrata anche dalla bellissima canzone colonna sonora del film, “Nun je da retta Roma”, un inno, appunto, a non farsi ‘cojonare’, soprattutto dai potenti e prepotenti perché “Chi se fa pecorone/Er lupo se lo magna/ Abbasta uno scossone”.