Monica Bellucci si trasforma in Anita Ekberg nel film ‘The girl in the fountain’, presentato al Torino Film Festival, e al cinema, come evento speciale l’ 1 e il 2 dicembre.
Un’ opera a metà tra documentario e fiction che mette due dive a confronto, di due epoche diverse, con al centro lo stesso amore: il cinema.
A raccontare come è riuscita a calarsi nei panni dell’icona della Dolce Vita è la stessa Monica Bellucci, che ama sperimentare e che a breve vedremo anche nel film di Natale, La Befana vien di Notte 2.
Sul set, e preparandosi a incarnare Anita Ekberg, l’attrice ha avuto modo di scoprire molto di lei.
“La sua carriera e la sua vita di donna è legata a un periodo preciso. Questa bellezza esplosiva, bionda, libera, indipendente, rappresentava una femminilità che faceva paura e destava interesse. E lei su questo ha giocato, non rendendosi conto che il gioco era pericoloso.
Oggi è tutto diverso, un’attrice ha una vita più lunga. Anita Ekberg è stata comunque vittima del suo tempo, che sebbene fosse un periodo di incredibile creatività, non era semplicissimo per le donne, soprattutto quelle che non avevano un uomo a fianco.
Questo film mette a confronto non solo due attrici ma due periodi storici, due star system, due epoche del lavoro delle attrici”.
Come si diventa una diva come Monica Bellucci o Anita Ekberg?
“Io penso che sia il pubblico a decidere cosa fare di te. Quello che il pubblico recepisce del lavoro dell’attore è qualcosa che ti sfugge, su cui tu non puoi decidere e non puoi programmare. Una carriera non si può controllare.
Quello che mi accade e di cui sono grata è la possibilità di scegliere, e questa è una gran cosa. Io quando faccio una scelta vado di pancia poi inizia il lavoro. Che è quello che racconta questo film. Un film sul lavoro di un’attrice che interpreta un’altra attrice, una sorta di workshop che, dalla trasformazione esteriore passa, obbligatoriamente da quella interiore, dall’incontro tra anime.
Quando si diceva per denigrarla che Anita Ekberg sullo schermo non era un’attrice perché interpretava se stessa, beh, anche per interpretare se stessa bisogna essere un’attrice.
Chi è il Fellini di Monica Bellucci? Quale regista ha fatto per lei quello che l’autore de La Dolce vita ha fatto per Anita Ekberg?
Non posso nominarne uno solo. Il mio percorso è stato un puzzle di incontri molto importanti che mi hanno permesso di accedere a una strada interessante. Ho lavorato con registi molto diversi di stile e anche di carattere. E io penso che la bravura di un’attrice sia sapersi adeguare all’universo che ha incontorno. Quando dico sì a un regista mi affido al suo talento e fortunatamente ho incontrato tante persone di talento, non posso parlare solo di uno. Sono stati tanti e tutti importanti in modo diverso.
Un momento di innamoramento e un momento di distacco quando si è accostata ad Anita Ekberg?
E’ stato come toccare un mito, bisognava accostarsi con una sensibilità estrema e ho capito voglio essere Anita Ekberg sullo schermo ma non sulla vita.
Se vi foste conosciute, vi sareste piaciute?
Penso proprio di sì.
Dal film esce fuori il racconto di una donna con un’anima ironica e allo stesso tempo malinconica
E’ tutto un gioco di finzione e realtà. Anche con gli uomini, che per lei sono stati spesso dolori. Questo desiderio che lei provocava, lei lo scambiava per amore. E molti uomini la sfruttavano, usavano la sua luce per risplendere loro, e lei lo ha visto troppo tardi. E’ stata una donna trofeo, e l’ha pagata molto cara.
Abbiamo imparato, oggi, anche grazie a lei, a difenderci da queste cose.
“C’era un sistema all’epoca, per cui una donna non esisteva senza un uomo, anche nel mondo del cinema. Ora, piano piano stiamo uscendo da questa situazione, e lo dico senza aggressività. Non c’è da fare la guerra perché sia donne che uomini siamo figli di una situazione che ci viene dal passato, e ora la società sta cambiando e dobbiamo crescere tutti e due. E’ difficile ma anche bello, noi donne siamo un po’ più nella società, gli uomini iniziano a stare più a casa, e a sollevarsi del peso di essere macho per forza, che è un peso. Basta con i ruoli, c’è un altro modo di guardare gli umani che sta cambiando il corso della società ed è molto bello”.