E’ stato presentato a Roma il manifesto “Media Donne e Sport” del collettivo di giornaliste GiULiA
Come vengono raccontate le imprese sportive delle donne? Qual è l’immaginario costruito dai media sulle atlete? Perchè è diverso da quello che riguarda gli atleti e quali conseguenze materiali ha questo immaginario in un mondo in cui le discriminazioni, a iniziare da quelle sulle retribuzioni sono ancor maggiori che in altri campi?
Da queste domande sono partite le giornaliste di GiULia per formulare una serie di linee guida per una migliore narrazione delle imprese sportive al femminile.
GiULiA è il gruppo di giornaliste che da anni si batte per una corretta narrazione sui media dell’immagine delle donne e delle loro storie.
A pochi giorni dall’importante appuntamento dei Mondiali di Calcio Femminile, che quest’anno avranno una visibilità mai avuta fino ad ora in Italia, grazie anche alla prevista copertura dell’evento da parte della Rai, Giulia e Uisp , hanno siglato a Roma un manifesto che vuole indicare le buone pratiche per una migliore rappresentazione dello sport al femminile sui media.
“Il mondo dello sport non è “amico delle donne”: oltre alla grave e intollerabile discriminazione economica tra atlete e atleti, alla scarsa presenza delle donne nelle strutture dirigenti delle diverse discipline, alla insufficiente promozione dello sport femminile, c’è una modesta, inadeguata e spesso stereotipata rappresentazione degli sport femminili sui media.“
Si legge nel manifesto, che punta il dito sulle narrazione più comune dello sport al femminile e cerca di offrire linee guida per uscirne:
““Fisico da urlo”, “icona di stile”, “belle e brave”: sono alcuni esempi di come i media hanno spesso parlato e scritto di atlete e donne di sport, dando giudizi sull’apparenza anziché sulle prestazioni e competenze sportive, valutazioni che assai raramente hanno corrispondenze nel racconto degli sportivi uomini. Si tratta di cliché e pregiudizi che deformano la rappresentazione delle donne nell’informazione sportiva e le inchiodano nell’immaginario su un piano svantaggiato rispetto ai colleghi delle stesse discipline.
L’informazione, anche nel settore dello sport, ha un ruolo fondamentale per promuovere l’attività femminile e le sue eccellenze, contro le discriminazioni e gli stereotipi, per una piena valorizzazione delle donne nello sport e dello sport come fattore di vita sana, per la salute e il benessere.
Nel 1985 la Carta dei Diritti delle donne nello Sport, coinvolgendo atlete, giornaliste, allenatrici, donne impegnate nella politica e nelle istituzioni, ha iniziato a porre in modo sistematico la questione di una corretta rappresentazione delle donne nello sport perché, come sottolineato dalla risoluzione Europea del 1987, “l’immagine pubblica delle donne impegnate nello sport deriva ampiamente dai mezzi di comunicazione”, concetto successivamente ripreso e sviluppato dal “Progetto Europeo Olympia”.
Per una narrazione consapevole è necessario superare pregiudizi e stereotipi, attenendosi a poche regole:
– informare sulle discipline sportive femminili con competenza di merito: scrivere delle atlete nello stesso modo in cui si scrive degli atleti.
– evitare di soffermarsi nei testi sull’aspetto fisico, sul look o sulle relazioni sentimentali, non più – in ogni caso – di quanto si scriva dell’aspetto tecnico, delle prestazioni, dell’impegno e della dedizione profusi per ottenerle; nelle immagini non focalizzarsi su parti del corpo in modo ammiccante.
– dare alle discipline sportive femminili visibilità al pari di quelle maschili in termini di spazi e, a partire dalla programmazione pubblica televisiva e radiofonica, di collocazione oraria. Impegnare gli editori a coinvolgere più giornaliste e commentatrici nelle redazioni sportive, nella cronaca televisiva e radiofonica.
– declinare al femminile i ruoli, le funzioni e le cariche: ad esempio la centrocampista, l’arbitra, la dirigente, la presidente, la coach, l’allenatrice.
– evidenziare le discriminazioni e differenze di genere nello sport, ad esempio per quanto riguarda i compensi sportivi, il valore dei premi e dei benefit, le tutele per le atlete (nonostante sia stato istituito il fondo maternità con la legge Finanziaria 2018), la scarsa rappresentanza nelle dirigenze”.
In effetti, non sembrano regole così difficili da seguire.