Dicembre 1938: la Germania nazista ha da poco annesso l’Austria. Britta, giovane figlia di un ricco industriale austriaco, raggiunge un lussuoso albergo al confine tra Svizzera, Germania e Austria insieme al padre e al fidanzato, astro nascente del Partito nazionalsocialista. Sono diretti in Germania, dove il loro matrimonio è l’evento mondano più atteso del Reich. Britt vorrebbe un destino diverso da quello impostole dalla società e dalla famiglia. Una nevicata eccezionale costringerà però gli ospiti a trattenersi nel resort. E, tra omicidi, furti, cene luculliane, autopsie, amori discutibili e continui colpi di scena, la luce sinistra del nazismo si avvicina sempre di più, proiettando la sua ombra sull’albergo e sui suoi ospiti e rivelandone la vera natura.

Si intitola La dimora degli dei (Infinito editore) ed è il primo romanzo di Martina Galletta, milanese di nascita e romana d’adozione (fino a ieri attrice, compositrice, musicista) che, complice il lockdown, per riempire il tempo lontano dal palcoscenico, ha trasformato un breve racconto in un giallo di ben 320 pagine, frutto di un’attenta ricerca che non lascia nulla al caso e convince sia i critici che il pubblico.

Intervista a Martina Galletta

Martina Galletta, quando hai sentito il desiderio di dare vita al tuo primo romanzo e perché hai scelto la formula del noir?

Ho iniziato a scrivere La dimora degli dèi nel 2020, con l’intenzione di farne un breve racconto. Ma l’ispirazione mi ha travolta quasi subito, impadronendosi del mio tempo, dei miei pensieri, persino dei miei sogni. E allora ho deciso di strutturare il lavoro in modo razionale e ordinato: la mattina studiavo (avendo scelto di ambientare il romanzo nel ’38, in Austria, ovviamente ho dovuto documentarmi moltissimo), poi mi incatenavo alla tastiera per dieci ore al giorno. E così, quasi senza rendermene conto, è nata questa mia opera prima. La potremmo definire un noir, ma anche un thriller, un giallo, un romanzo storico, una storia di emancipazione femminile: ho voluto mescolare e confondere i generi letterari, senza seguire schemi prestabiliti. Sicuramente, l’idea di cimentarmi con lo stile narrativo anglofono mi affascinava: ed è per questo che, tra le mie pagine, non potrete non sentir riecheggiare le atmosfere di Agatha Christie, a cui il romanzo è affettuosamente dedicato.

È la prima volta che ti dai alla scrittura o hai nel cassetto molti fogli inevasi?

Scrivo da sempre. Poesie, racconti, articoli, copioni teatrali. Sono anche arrivata nella rosa dei primi 25 al premio Campiello Giovani. Ma l’idea di completare un romanzo intero mi sembrava un’impresa chimerica. Invece, con La dimora degli dèi, non solo ho avuto chiare da subito la trama e la struttura narrativa, ma ho riempito 318 pagine con una voracità quasi ossessiva, come se fossero i personaggi stessi del romanzo a suggerirmi come proseguire.

Sei un’attrice ma anche una cantante e una musicista? Se potessi decidere di fare una sola cosa quale sceglieresti?

Sono un’artista (si può ancora dire?). Le forme espressive sono solo un mezzo, un medium per dare concretezza e forma ad una spinta creativa. Ad ogni modo, nasco come una donna di Teatro. È lì che sono cresciuta, è quello il mio ambiente. Quindi, se a malincuore dovessi scegliere, il Teatro sarebbe sempre il mio porto sicuro.

Il tuo noir è ambientato nel 1938 fra Austria, Svizzera e Germania. Come mai hai scelto quei luoghi e quel periodo?

Mi ha sempre profondamente affascinato il periodo intercorso tra le due Guerre Mondiali (periodo, per altro, quanto mai attuale) e ho scelto un luogo di confine, per dare vita alla babele di personaggi di varie etnie, lingue e posizioni sociali che avevo in mente perché, affinché la trama che avevo in mente potesse decollare, avevo bisogno di una zona ancora apparentemente neutrale, dove del nazismo non fossero arrivati che gli echi, e dove si potessero incontrare una famiglia inglese, una polacca, una austriaca, una italiana e così via. Tutto questo, alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Ed ecco che è nata La dimora degli dèi.

Cosa hai portato di te nel libro?

Ho cercato di mettere una parte di me in tutti i personaggi. Essendo anche un’interprete, mi è risultato naturale immedesimarmi fisicamente, oltre che emotivamente, nei miei “attori” (e non li chiamo così a caso). Il romanzo è pensato quasi come un copione teatrale o una sceneggiatura: il lettore/ spettatore deve potersi immergere completamente nella vicenda, non solo dal punto di vista intellettuale ma anche da quello sensoriale, emozionale, organolettico: e, perché ciò potesse essere possibile, io per prima ho dovuto calarmi nei panni di ognuno, restituendo stati d’animo, pensieri, parole; fame, sete, sonno, musica, profumo. Trovo che l’arte sia qualcosa di estremamente concreto, pratico. Come i sensi.

Un ruolo in teatro, al cinema o in tv di cui vai orgogliosa?

Indubbiamente sono immensamente onorata di aver interpretato la titanica Giulietta Masina nel film Permette? Alberto Sordi, diretto da Luca Manfredi, al fianco di Edoardo Pesce. Giulietta non era mai stata portata sul piccolo o sul grande schermo da nessun’altra attrice, e poter essere stata la prima per me è stata un’emozione enorme, oltre che una grande responsabilità. A Teatro invece ho amato due ruoli, in particolare: Tamora, del Tito Andronico di Shakespeare, una villain d’eccezione con cui ho debuttato al Teatro Argentina nel 2019 e Marie, la timidissima aspirante attrice che interpreto in Lezione da Sarah, spettacolo in cui recito al fianco di Galatea Ranzi e di cui ho composto ed eseguito le musiche originali.

E il primo che hai interpretato?

Maria Stuarda, di Schiller. A sette anni, nel salotto dei miei genitori! Avevo le idee già molto chiare. Infanzia a parte, il primo ruolo da attrice professionista che ho interpretato è stata Anna, una volgarissima e simpaticissima adolescente, nella commedia Happy Family di Alessandro Genovesi, al Teatro Elfo Puccini di Milano.

Quali sono i tuoi prossimi progetti sia letterari che di attrice? 

Per quanto riguarda gli impegni come attrice, sono in attesa di tornare sul set a primavera, mentre a settembre inizierò le prove di un nuovo spettacolo. Non posso ancora dire di cosa si tratterà, ma è un progetto meraviglioso e avrò un ruolo che sogno di fare da anni. E poi, naturalmente, continuerà la tournée di Lezione da Sarah, al fianco di Galatea Ranzi, in giro per l’Italia.

Parlando invece del romanzo, proseguiranno le presentazioni: presto quelle di Roma, Reggio Calabria, Catanzaro, Messina, Trieste, Padova, Treviso. E tante altre.

E sto iniziando a scrivere il secondo libro!

Sei una bella donna e questo ti avrà agevolato non poco nel tuo lavoro. Ma che rapporto hai con il corpo?

Non penso che per scrivere un romanzo, recitare Shakespeare o comporre musica classica serva un bel viso! Battute a parte, io ho lavorato e sto lavorando grazie alle mie qualità, al mio talento, allo studio e all’impegno che metto ogni giorno in quello che faccio. Peraltro, da adolescente, ho avuto un pessimo rapporto col mio corpo proprio a causa di questo errato modo di considerare le donne e il loro lavoro. Le cose devono cambiare, soprattutto per poter dare alle nuove generazioni un’immagine più sana, realistica e concreta della Donna.

Quanto tempo dedichi alla forma?

Sono una sportiva da sempre. Nasco velocista, ma nell’ultimo periodo ho dato priorità al running su lunga distanza. Ho da poco corso la mezza maratona, la Roma-Ostia, un’esperienza meravigliosa e sfidante che mi ha dato anche grandi soddisfazioni. Mi alleno quattro volte a settimana, corro circa duecento chilometri al mese.

Segui una dieta specifica?

Sono vegetariana. A parte questo, cerco solo di mangiare sano e in modo equilibrato.

Per i tuoi acquisti vai al supermercato o preferisci i negozietti tipici?

Entrambe le cose. Spesso, per comodità, scelgo il supermercato, ma devo dire che, quando sono in tournée, una delle cose che amo di più è appunto girare per negozietti, curiosando, assaggiando e comprando qualche regalo per amici e parenti. È un ottimo modo per conoscere meglio il territorio in cui ci si trova!

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