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LUCIANA ALPI: “CONTINUO LA BATTAGLIA PER MIA FIGLIA”

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ILARIA ALPI

Luciana Alpi è una madre che, nonostante tutto, non si arrende. Per sua figlia, ma anche per farci capire in che paese viviamo.

Chiede verità e giustizia dal 20 marzo del 1994, da 24 lunghissimi anni, da quando cioè sua figlia Ilaria, giornalista, e il suo collega Miran Hrovatin vennero uccisi a Mogadiscio, dov’erano stati inviati a fare il loro lavoro.

Ventitré anni dopo, gli inquirenti non sono riusciti ad arrivare a nessuna conclusione su quelle morti, e la scorsa settimana è arrivata la richiesta di archiviazione alla Procura di Roma.

Pochi giorni dopo, Luciana Alpi ha commentato e ripercorso la sua lunga vicenda in occasione della presentazione del suo libro “Esecuzione con depistaggi di stato”, edito da Kaos, armata di dignità e perseveranza, apparentemente incrollabili, nonostante tutto:

“Sono scoraggiata e stanca: i responsabili della morte di mia figlia hanno fatto carriera ed io sono ancora qui a chiedermi cosa le è successo. L’ amarezza è tanta ma andrò comunque avanti, anche se devo raccogliere tutte le mie forze e farmi coraggio, per mia figlia, perché non è giusto che una ragazza di 32 anni, venga uccisa mentre lavora e, dopo ventitré anni si decida di archiviare l’ inchiesta perché, dicono, è passato troppo tempo.
Non è certo colpa nostra, ma di chi finora ha investigato. Perché non sono andati subito a Mogadiscio? Lì potevano fare tutte le indagini che volevano. Non hanno fatto l’ autopsia a Ilaria, non hanno fatto il riconoscimento, stiamo ancora aspettando il certificato di morte. E’ una cosa indecente per un Paese civile, che una madre di 84 anni stia ancora qui, costretta a pungolare gli inquirenti per avere giustizia.”

Una storia investigativa piena di buchi, quella sulla morte di Ilaria e Miran: sospetti, di più, indizi di depistaggi, che ad oggi si stabilisce non esserci mai stati, mancanze e nelle indagini, ritardi, passaggi di routine saltati, oggetti personali importanti per la ricostruzione dei fatti, come alcuni blocnotes della giornalista, mai ritrovati, falsi testimoni, frasi sibilline e gravissime come quella dell’ imprenditore Marocchino che commentò la morte dei dei due reporter con le parole ‘si vede che hanno visto cose che non dovevano vedere’.

“Gli insabbiamenti non ci sarebbero stati,” commenta Luciana Alpi  “Eppure posso dire che in questi anni ho visto delle mancanze, per esempio , a mio giudizio, la commissione parlamentare guidata all’epoca dall’avvocato Taormina, incaricata di far luce sulla morte di Ilaria e Miran, non ha lavorato benissimo secondo me.
 Secondo le conclusioni di quel lavoro, Ilaria non era andata a Bosaso per fare un’ intervista al sultano, ma per altri motivi. Eppure è stato l’ avvocato Taormina stesso a chiedere al sultano se avesse rilasciato un’ intervista a Ilaria, e gli chiese anche quanto questa durò.
La risposta fu “quasi due ore” e, di queste quasi due ore , noi abbiamo solo trentacinque minuti. Questo e altro mi fanno pensare che il lavoro di quella Commissione non fu un buon lavoro. Ma è passato, e io non posso permettermi di guardare indietro, devo andare avanti”

Ma dove trovare la forza?  A caldo, alla notizia della richiesta di archiviazione, sembrava che anche lei, mamma Luciana, l’ ultima a combattere questa battaglia, avesse deciso di arrendersi, e invece, arrendersi non si può, andare avanti si deve. Era solo un momento di comprensibile amarezza, che lei spiega così

“In quel momento ho dichiarato, per disperazione, che non voglio più andare per uffici giudiziari, ma allo stesso tempo ho detto:’che la Procura non usi questo come un alibi.’ Stava parlando una madre disperata, che vedeva vanificato il  lavoro fatto dalla procura di Perugia, un lavoro che ha portato, tra l’ altro, alla scarcerazione di un innocente, nel silenzio di tutti.
E’ ora evidente a tutti, che  vogliono che si chiuda l’ inchiesta e che cali il silenzio su questa vicenda. Credevo però, che avrebbero aspettato la mia morte, invece l’ hanno fatto che io sono ancora qui: è questa l’ arroganza del potere!”

Eppure, nemmeno questa arroganza ha piegato la fame di giustizia di questa madre e dei tanti che la appoggiano, perché, ancora una volta, non si tratta di una questione privata, che riguarda una famiglia, ma del diritto alla giustizia in questo paese.

“So che ci sono molte persone che mi sono vicine, che mi manifestano la loro solidarietà, quando mi scrivono o quando mi incontrano mi dicono ‘vada avanti’, però sinceramente non è più tanto facile per una donna della mia età, questa battaglia richiede impegno, e anche uno sforzo di memoria, e io, a 84 anni, ho paura che tra un pò inizierà a sfuggirmi qualcosa, non è semplice, ma andrò avanti. Per mia figlia.”

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