ruth bader ginsburg

Ruth Bader Ginsburg aveva un’ossessione. Una giusta causa, una buona battaglia per la quale si è spesa sin dal primo momento in cui ha iniziato a esercitare la professione legale. Quanto fosse giusta quella causa e quanto fosse necessaria quella battaglia lei lo aveva capito presto, di più, lo aveva provato sulla sua pelle.

Ruth Bader Ginsburg era nata a Brooklin, a New York, nel marzo del 1933.

Fu una ragazzina precoce e brillante, tanto che si diplomò a soli 15 anni. Il suo sogno era fare l’avvocato, combattere per far valere i diritti delle persone, lavorare per far trionfare la giustizia. Intelligente , determinata e ambiziosa, non poteva che finire ad Harvard, a formarsi nella facoltà di legge più prestigiosa degli Stati Uniti. L’anno in cui si iscrisse, a studiare legge con lei nel più importante college della Heavy League, c’erano solo altre otto donne. Nove in tutto dunque, era questo il contributo numerico femminile a parte della futura classe dirigente americana.

Ruth Bader Ginsburg era comunque tra quelle ‘magnifiche nove’ e la sua sembrava una strada spianata verso la realizzazione di un sogno.

Come tutti i sogni però, anche quelli di Ruth dovettero scontrarsi con la realtà. Una realtà dura e ingiusta, che impediva alle donne di essere considerate candidate credibili per un qualsiasi posto in uno studio legale. E non importava che la donna che si presentava per candidarsi a un lavoro fosse una dei giovani giuristi più brillanti dello stato. Era donna, e per le donne negli studi legali americani dei primi anni’60 non c’era mai posto.

Dopo quelle prime porte in faccia, ebbe il piacere di sperimentare anche altre gioie riservate alle donne, come quella di percepire uno stipendio molto più basso dei colleghi maschi, motivato dal fatto che lei aveva un marito con un ottimo stipendio.

Poteva una giovane e brillante  giurista, con il pallino della giustizia, rimanere indifferente di fronte alla quotidiana esperienza dell’ingiustizia? La domanda è, ovviamente, retorica. Perché l’obiettivo di Ruth Bader Ginsburg da quel momento in poi, la sua ossessione, la sua stella polare, diventa la lotta alla discriminazione di genere. E la sua esperienza umana e professionale si incrocia con i fenomeni sociali che nell’America ribollente degli anni’70 porterà a far cadere paletti e combattere ruoli e stereotipi.

La sua carriera, dopo questo inizio stentato, volerà alta. Nominata giudice della Corte d’Appello nel 1980, diventerà giudice della Corte Suprema nel 1993.

Ruth Bader Ginsburg è diventata presto non solo una giurista battagliera e coscienziosa, ma anche una vera e propria icona popolare. La figura di questa donna minuta, coperta da una tunica da giudice che su di lei appare sempre, irrimediabilmente enorme, contrasta con la sua tempra d’acciaio e i suoi modi risoluti. Hanno coniato per lei un acronimo, RBG e la sua figura è stata al centro, oltre che del biopic “La giusta causa”, anche di un paio di documentari.

Il film Una giusta causa, che si propone di raccontare la vita e le battaglie di Ruth, in originale si intitola “On sex basis”, sulla base del sesso, la base della discriminazione che più ha combattuto con il suo lavoro.

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