Appena aperta al Vittoriano la mostra Pollock e la Scuola di New York. Noi siamo andate a scoprire le storie delle donne artiste del gruppo.
“Lei, sopportava tanto. Aveva capito che era un grandissimo artista, ma certamente una persona molto fragile. Ha sacrificato il suo essere artista per lui, per la sua arte.”
Stiamo parlando di Lenore Krasner, moglie o per meglio dire ‘badante’ del genio artistico di Jackson Pollock. A raccontarcelo è Luca Beatrice curatore di “Pollock e la Scuola di New York” al Museo del Vittoriano fino al 24 febbraio, che ci ha guidati attraverso le controverse, ma fondamentali, figure femminili della Scuola di New York.
“Lenore fu costretta a cambiare nome di battesimo in Lee proprio a causa di una discriminazione di genere. Lee suona già un po’ più maschile. Lei e Pollock si erano conosciuti diversi anni prima. Anche lei era una pittrice e, a mio avviso, hanno anche diverse matrici comuni, come, ad esempio, quella di guardare molto al surrealismo. L’occhio sempre attento a Picasso.”
Forse è solo un caso che, l’opera di Lee del 1947, nell’allestimento di questa mostra sia proprio mescolata all’action painting di Pollock che fanno da apripista all’intera esposizione. Prima di osservare le opere, il curatore ci fa conoscere la coppia attraverso una fotografia. Non un momento familiare qualsiasi, bensì un’immagine che ritrae Pollock a lavoro.
“Da questa foto si capisce che lei stia cercando di far in modo che il marito, oggi, si metta a lavorare. Pollock aveva un carattere difficile, ha avuto problemi gravissimi di alcolismo, di depressione. Il loro rapporto privato era spesso violento, tipico degli alcolisti. Ma lei, sopportava tanto, aveva capito che il marito era un grandissimo artista, ma certamente una persona molto fragile. Nella parte centrale della sua vita, Lee sacrificò la sua carriera per stare dietro a quest’uomo.”
Forse, allora, è vero che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna.
“Dal punto di vista pittorico, Lee Krasner guarda di certo il mondo della Scuola di New York, alla pittura astratta. Nonostante fosse un’artista di qualità non aveva lo swith del marito, ma quello era Jackson Pollock.”
In mostra vedremo fra le altre, l’opera simbolo di Pollock, “la sua Gioconda”: Number 27, un equilibrio fra pennellate di nero e fusione di colori più chiari. Oltre a scoprire Pollock, la mostra ci guiderà attraverso i fondatori de la “Scuola di New York”: William Baziotes, Robert Motherweel, Mark Tobey, Franz Kline, Mark Rothko catturati di nuovo da una macchia fotografica. Dietro 14 uomini una sola “grande” donna (e per giunta assente nell’allestimento del Vittoriano): Mary Callery.
“Nell’espressionismo astratto, in generale, nella scuola di New York, la presenza femminile inizia ad essere interessante ed anzi, apre alle esperienze di artiste donne che diventeranno sempre più numerose, soprattutto negli Stati Uniti, quantitativamente e qualitativamente.”
Ci spiega Beatrice.
Dei 50 capolavori in mostra, presi a prestito dal Whitney Museum di New York, solo 3 sono opere realizzate da artiste donne, più un dipinto raffigurante una figura femminile realizzato da Willem De Koning, nonostante l’importanza delle figure femminili all’interno della “Scuola”.
“In questo allestimento, oltre a Lee Krasner, possiamo vedere un opera di Helen Frankenthaler, con un lavoro di assoluta qualità che in qualche modo prelude i “Color Field”, e una di Grace Hartigan. Entrambe artiste piuttosto longeve, più dei loro colleghi maschi. Non bevevano, non fumavano. In quegli anni si sono unite diverse artiste, dipingevano, partecipavano ai dibattiti teorici dei loro colleghi maschi. Erano attive in un momento in cui New York diventa davvero la capitale dell’arte contemporanea.”
Poche erano le donne artiste importanti prima del secondo dopo guerra: “
Frida Kahlo, Tamara de Lempicka, Meret Oppenheim, mentre dagli anni 50 in poi succede qualcosa. La grandezza di queste artiste, che hanno fatto da apripista a numerose colleghe soprattutto negli anni ’60″ – prosegue il curatore – “è l’aver dato consapevolezza al fatto che anche le donne potessero lavorare nel campo dell’arte, in un mondo ancora troppo maschilista.”
Sicuramente una bella mostra, soprattutto per chi non è mai stato al Whitney Museum di New York, dove, a quanto pare, sono nascosti altri capolavori e soprattutto le grandi artiste, vittime ancora di un mondo “troppo” maschilista. Vista la sinergia fra il Vittoriano e il Whitney, non ci resta che lanciare una sfida per un nuovo allestimento: le grandi artiste della scuola di New York e Jackson Pollock.