Un videogame per insegnare ai ragazzi delle medie i fondamenti della cybersecurity. Si tratta di Nabbovaldo, nuova iniziativa della Ludoteca del Registro.it sviluppato insieme al Cnr, e presentato in occasione dell’ultimo RomeVideoGameLab. Un’avventura interattiva, tutta da giocare in aula.
A raccontarci qualcosa in più di questo innovativo strumento didattico è la dottoressa Giorgia Bassi, ricercatrice del CNR e tra gli ideatori e sviluppatori del videogioco.
Dottoressa Bassi, come nasce l’idea di Nabbovaldo, il videogame per insegnare i rudimenti della cybersecurity ai ragazzi?
Il progetto nasce nell’ambito dell’iniziativa Ludoteca di Registro.it in collaborazione con l’Università di Pisa. Dal 2011 lavoriamo sull’educazione di bambini e ragazzi alle prese con il digitale. Il target per il quale è nato questo video game educativo è quello dei ragazzi delle medie che hanno tra gli 11 e i 14 anni.
Come se la cavano questi nativi digitali con le trappole della rete?
E’ vero, i ragazzi sono nativi digitali e sono abituati fin da piccolissimi a rapportarsi con gli strumenti tecnologici. Il loro approccio a questo mondo è dunque spontaneo, naturale, ma proprio per questo un po’ ingenuo.
Manca totalmente ai ragazzi la consapevolezza sull’uso di questi strumenti per loro così famigliari e sui pericoli che vi si possono annidare dentro.
Quindi, per fare una fotografia della situazione direi che hanno grandissima abilità ma poca consapevolezza.
In cosa si traduce questa poca consapevolezza?
Prevalentemente in una atteggiamento piuttosto superficiale e frettoloso su alcune azioni che invece possono essere delicate e portarsi dietro conseguenze sgradevoli. Parliamo di strumenti basilari per la nostra vita online come la scelta della password, per esempio, che rappresenta, di fatto, la porta, il lucchetto, tra la nostra intera vita e il mondo esterno rappresentato dal cyberspazio. E’ ciò che protegge la nostra intimità ed è qualcosa che dovremmo tenere tutti ben presente.
Ci sono azioni che, proprio perché i ragazzi fanno in maniera più spontanea, rischiano di diventare pericolose, per esempio scaricare video o app o altri file da piattaforme non ufficiali, oppure dare in automatico i permessi alle app di entrare in tanti altri nostri account che abbiamo in giro per la rete, e così via. Gli esempi sono tantissimi. Questi aspetti di cui ci occupiamo noi possono sembrare meramente tecnici, ma in realtà sono strettamente correlati ad altri pericoli più ampi correlati all’uso delle nuove tecnologie. Dal furto d’identità al cyber bullismo al revenge porn, molti guai si possono evitare avendo piena consapevolezza degli strumenti a nostra disposizione e dei corretti comportamenti che garantiscono la nostra cybersecurity.
In questa ottica come è stato concepito il videogame Nabbovaldo?
Il videogame è progettato per un single player, quindi i ragazzi lo usano in modo autonomo. La chiave è che giocando, i ragazzi si troveranno a superare sfide, a imparare, ma troveranno anche degli spunti per successivi approfondimenti che poi verranno sviluppati con i loro docenti. Noi ci occuperemo dei momenti formativi per gli insegnanti per suggerire loro come poter approfondire in classe i vari percorsi tematici.
Come reagiscono gli studenti all’input degli approfondimenti sui temi della cybersecurity?
In tutte le nostre attività, sia con i ragazzi delle medie che con i ragazzi più grandi del liceo, riscontriamo sempre molto interesse ed attenzione. Le scuole ci chiedono anche di fare corsi ad hoc e i ragazzi sono sempre entusiasti. Basta poco loro per capire che ci sono moltissime cose da imparare sul comportamento adeguato su internet e su come tutelare la propria sicurezza online. Molti, tra quelli più grandi, sono anche interessati ad approfondire, anche in un’ottica di futuro lavoro.
La sicurezza è importante, ma non si rischia da più parti di demonizzare un mezzo straordinario come internet?
Assolutamente questo non deve avvenire. Internet è un mezzo straordinario, bisogna però acquisire competenze tecniche di base per tutelarci. Per il resto, online dovrebbero valere le stesse regole di prudenza e buon senso che usiamo nella vita. Il problema non è lo strumento, il problema è chi lo usa in modo sbagliato. Per guidare un auto prima occorre prendere la patente, per la sicurezza nostra e degli altri, lo stesso vale per internet.