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Il 1 maggio e il lavoro delle donne

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1 maggio: festa del lavoro. Donne e lavoro: a che punto siamo? Una riflessione su TuaCityMag

Primo maggio, festa del lavoro. In questi giorni sentiremo parlare di occupazione e di disoccupazione, di qualità e sicurezza del lavoro. Di diritti e precarietà. Ed è ora che si parli anche di ‘donne e lavoro’.

MENO DELLA META’

Partendo dai  numeri: in Italia solo il 46% delle donne lavora.

Perchè? I fattori sono moltissimi, in primis la miopia culturale e poi politica che non riesce a vedere il valore aggiunto dell’ inclusione lavorativa delle donne sia in termini quantitativi che in termini qualitativi.

Eppure le stime ci sono, basta guardarle: secondo i numeri, se venisse centrato l’ obbiettivo pensato dalla strategia di Lisbona per rendere più’ competitivo il mercato europeo, cioè un tasso di occupazione femminile del 60 per cento, sei donne su dieci al lavoro, l’ Italia beneficerebbe di un +7% del Pil.

Già questo dovrebbe convincere i sordi ad altri argomenti, a muoversi per incrementare l’occupazione femminile e aiutare le donne a lavorare meglio e in maggior numero. Ma bisognerebbe, volendo approfondire, riflettere anche su altri dati, per capire quanto possa aggiungere il talento delle donne alla vita economica del Paese.

PRIME DELLA CLASSE ULTIME IN UFFICIO

E il primo aspetto da sottolineare è quello che ci viene raccontato da anni, da numeri che  vengono misteriosamente ignorati e cioè: le donne sono brave.

In tutti i livelli scolastici le bambine, poi le ragazze, poi le donne sono più veloci a studiare e hanno un profitto migliore dei colleghi maschi. Eppure, questa massa di giovani donne capaci di portare a termine percorsi di studi più brillanti dei colleghi maschi, finita l’ università sparisce inghiottita dal mercato del lavoro, e non se ne ha che una minima traccia ai vertici.

E’ evidente che qualcosa non va in questo passaggio. A studiare in modo più brillante sono le femmine, ad entrare nel mondo del lavoro per occuparne posizioni migliori (per cui in teoria andrebbe scelto il più’ bravo o la più’ brava), sono in numero più massiccio i maschi.

Cosa succede tra l’ università e il lavoro a queste giovani donne capaci?

LA CONCILIAZIONE IMPOSSIBILE

Diverse cose ovviamente: intanto,  grande ‘croce’, considerata ancora questione solo delle donne è quella della conciliazione.

E già il fatto che il problema venga comunemente considerato qualcosa che riguarda esclusivamente il mondo femminile la dice lunga sulla strada ancora da fare.

Sulle spalle delle donne gravano prevalentemente le soddisfazioni ma anche la maggior parte delle fatiche casalinghe e famigliari: dalla cura dei figli a quella della casa, passando per quella degli anziani.

Fatiche che si da spesso per scontato essere fatiche ‘da donne’.

In sostanza, ancora nel 2018, si mette su famiglia in due ma spesso, per un atteggiamento culturale ancora incredibilmente radicato, a portarla avanti ci si aspetta che sia prevalentemente la donna.

Ognuna trova il suo modo di organizzarsi, facendo i salti mortali tra casa e lavoro ma, sempre le statistiche, ci dicono che non sono poche quelle che rinunciano, che non riescono a portare avanti entrambe le cose (una bella fetta di lavoratrici italiane decide di non rientrare al lavoro dopo il primo figlio).

Le più fortunate possono contare sul welfare famigliare e, al prezzo di enormi rinunce e qualche senso di colpa che non mancano mai e incidono entrambi sulla qualità della vita loro e di chi gli sta intorno, cercano di andare avanti.

Ma anche quando rimangono sul mercato del lavoro le questioni famigliari le assorbono più di quanto succede ai colleghi uomini, togliendo tempo ed energie da dedicare al lavoro e all’avanzamento di carriera.

PARITA’ RETRIBUTIVA QUESTA SCONOSCIUTA

Le misure che permetterebbero di incentivare il tasso di occupazione femminile e dunque soddisfare un interesse pubblico, cioè la crescita del Pil, sono quindi innanzitutto quelle che puntano ad incrementare i servizi, che possano alleggerire il maggior lavoro quotidiano femminile.

Ma ci sono anche altri motivi per cui le donne sono di fatto tenute a margine del mercato del lavoro. La disparità salariale è ovviamente un altro punto cruciale di questo discorso.

Questa scandalosa ingiustizia allontana e demotiva le donne sul lavoro.

Nel mercato del lavoro, se si entra, poi non si avanza, o comunque si viene trattate come lavoratori di serie B.

Secondo il Global Gender Gap Report 2017 (ancora freddi, oggettivi, chiari numeri), su 149 Paesi presi in considerazione, l’ Italia si piazza al 70esimo posto per la parità retributiva tra uomini e donne.

Lo stesso rapporto ci dice però che tutto il mondo è paese. Non solo in Italia, ma anche nelle nazioni in cui i dati sul lavoro femminile non sono così sconfortanti, troviamo la donne a lavorare soprattutto in settori come i servizi, il no profit e l’istruzione, dove le opportunità di  retribuzione sono molto meno interessanti che in altri settori.

BREADWINNERS IN TEMPI DI CRISI

Insomma, il lavoro delle donne interessa solo se può essere sottopagato e se le donne non aspirano ad arrivare ai vertici del mercato.

Un dato che viene confermato anche dalla recentissima rilevazione Istat sul lavoro in Italia, pubblicata la settimana scorsa che ci racconta, tra le altre cose, che le donne complice la crisi, stanno diventando le uniche breadwinner in molte famiglie italiane, specie laddove la crisi morde di più, nel mezzogiorno.

Sono 545mila le famiglie dove la donna porta lo stipendio, circa il 5% del totale dei nuclei italiani. Un dato che non è affatto in contraddizione con quelli analizzati finora.

Quello che succede in questi tempi di crisi è che gli uomini perdono il lavoro e, se hanno superato una certa età fanno fatica a rientrare sul mercato, perché il mercato preferisce assorbire forza lavoro con meno pretese di garanzie e retributive. Per esempio, forza lavoro con meno esperienza, oppure… donne, che possono essere, leggi ‘che si usa’, pagare di meno.

Tutto questo, pur essendoci un bell’articolo della Costituzione Italiana che proibisce la differenza di trattamento economico tra lavoratori uomini e lavoratrici donne.

(art37: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”).

Se la festa del lavoro è festa per pochi, di certo le donne hanno, al momento, ancora meno motivi per festeggiare e molti per rivendicare.

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