Giorgio Minisini è l’atleta che sta caricando di medaglie la bacheca del nuoto sincronizzato (o artistico) azzurro. L’ultima l’ha conquistata ieri, in coppia con Lucrezia Ruggiero, ed è quella più preziosa: un oro mondiale che si aggiunge a un altro oro iridato, tre argenti e due bronzi (sempre mondiali) già conquistati.
La strada per arrivare a questi successi è stata lunga e piuttosto difficile per lui, che è un vero pioniere, almeno in Italia, di uno sport praticato prevalentemente da donne.
E di questo ci aveva raccontato in questa intervista d’archivio che vi riproponiamo per festeggiare insieme questa medaglia azzurra ai campionati mondiali di nuoto di Budapest, ma anche per ricordarci che l’atleta che ce la fa conquistare è stato tenace ed ha superato limiti e barriere non solo relative alle prestazioni del suo fisico.
Intervista a Giorgio Minisini
(Archivio: 2014)
Entra ed esce tra gli spruzzi con la grazia di un delfino e la potenza di uno squalo, la precisione di un ballerino e il fiato di un maratoneta che si confrontano con l’ acqua combattendo la forza di gravità e seguendo il ritmo della musica. Un miracolo della volontà e della meraviglia che è il corpo umano, addestrato da anni di allenamenti quotidiani. Un corpo diverso da quelli che siamo abituati a vedere saltellare in vasca seguendo la marcetta di un cancan. Niente lustrini su quel corpo, niente paragoni con creature muliebri, come le sirene. Quel corpo è, infatti, maschile.
E appartiene a un diciottenne di Ladispoli, Giorgio Minisini, che nuota con il Club Olgiata di Roma, il primo in Italia e ancora uno dei pochissimi al mondo, a tentare di aprire la strada al nuoto sincronizzato maschile. Il primo a provare a rompere pregiudizi e tabù, e dimostrare che può esserci anche una strada virile al sincro.
Ha cominciato presto Giorgio Minisini a coltivare questa sua passione, quando?
“Non avevo nemmeno sei anni. La mia fortuna, lo dico sempre, è stata nascere nella famiglia giusta. Mia madre è un’ ex sincronette che quando ha smesso ha allenato e ancora allena, le migliori atlete azzurre. Mio padre, e’ un giudice internazionale. Io sono l’ultimo di tre fratelli, due maschi e una femmina, e quando eravamo piccoli mamma il pomeriggio ci portava sempre con lei sul lavoro: siamo cresciuti a bordo vasca.”
E, a bordo vasca, vedendo le ragazzine a cui la mamma insegnava le figure più complicate, anche a Giorgio è venuta voglia di provare.
“A dire la verità, ad aprire la strada, è stato mio fratello, più grande di me di due anni. E’ stato lui il primo a chiedere: ‘Insegni anche a me?’ Poi, è andata a finire che eravamo sei-sette ragazzini maschi a voler imparare il sincronizzato. E quella di mia madre è stata la prima scuola di nuoto sincronizzato ‘mista’, in Italia.”
Dei sette ragazzini dell’ epoca però, solo lui, oggi maggiorenne, si allena ancora tre ore al giorno in acqua, più un’ ora e mezza di palestra, cinque giorni alla settimana, come oggi, quando lo incontriamo mentre suda e si impegna insieme alla fidanzata, anche lei atleta del sincronizzato.
Giorgio Minisini la sua passione non l’ ha messa in un cantone crescendo, anzi, l’ ha alimentata, e quando c’è stato da fare una scelta, non c’ ha pensato due volte a quale strada avrebbe dovuto prendere.
“Nella mia vita avevo due passioni: il taekwondo e il sincronizzato, quando ho dovuto scegliere perché la strada si faceva più impegnativa, ho lasciato l’ arte marziale, perché penso il nuoto sincronizzato sia uno sport più completo e mentre mi esibisco riesco anche a metterci dentro molte cose imparate dal Taekwondo, il contrario non sarebbe stato possibile.”
Un arte marziale come elemento degli esercizi di nuoto sincronizzato?
“Sembra uno strano accostamento, ma io parlo sempre del nuoto sincronizzato maschile, anzi della mia idea di nuoto sincronizzato maschile, e ci vedo molte affinità, escluso il contatto ovviamente.”
L’ abitudine al contatto, una volta però, ti è stata utile per difendere la tua scelta di fare questo sport, visto sempre ‘da femmina’.
“Si, diciamo che c’è un’ età in cui è più facile prendere in giro che capire le cose, perché non c’è ancora abbastanza maturità. Alle medie sono venuto alle mani con chi mi derideva. Però, è successo una volta sola in tutti questi anni, anche perché quando i miei coetanei capivano quello che facevo e venivano a vedermi, poi le uniche parole erano complimenti.”
Il nuoto sincronizzato maschile praticamente, in Italia, non esiste, che effetto fa essere l’ unico a praticare ad alti livelli uno sport? E’ un’ attività di cui il confronto è elemento fondante, come si fa se non ci si può confrontare con nessuno?
“ Ci sono stati momenti in questi anni in cui mi sono sentito un po’ giù, ogni tanto arrivava il tipico pensiero: ‘chi te lo fa fare?’. Sognavo, come tutti gli atleti, di arrivare, un giorno, alle Olimpiadi, ma alle Olimpiadi non potrò mai andare, quindi ho deciso di concentrarmi su quello che per me conta, il motivo per cui continuo ad allenarmi tante ore, e cioè migliorarmi, dare sempre il meglio di me. Voglio che sia questo a convincere chi mi deve giudicare.”
Anche i giudici che ti votano durante le gare non hanno termini di paragone.
“Infatti, capisco che per loro sia difficile. Nell’ ambiente dicono che sono avvantaggiato perché sono più forte, ma è anche vero che per fare tante cose devo sudare il doppio, se non il triplo delle mie colleghe, mi ci vuole più movimento per rimanere a galla, per esempio, quindi non credo proprio di essere avvantaggiato, semplicemente faccio qualcosa di diverso puntando comunque a migliorare, rispetto ai canoni di questo sport.”
Quindi, tu pensi che possa esserci una via maschile originale al nuoto sincronizzato?
“Si. Penso comunque che avere un uomo, nel caso degli esercizi di squadra, sia un vantaggio. Penso a tanti temi che vengono utilizzati nelle nostre gare, Romeo e Giulietta, per esempio, diventa molto più credibile se in vasca a fare Romeo ci sono io invece che una ragazza. Insomma, l’ apporto maschile a questo sport può essere solo una ricchezza, un’ arma in più.”
Sfumato il sogno dell’ Olimpiade, ti rimane quello del Cirque du Soleil
“Sarebbe bellissimo: è lì che lavora Bill May, l’ americano, primo nuotatore sincro, il mio mito. Sarei orgoglioso di seguire il suo percorso, lui non solo è stato il primo, ma il migliore. E’ merito suo se faccio questo sport.”
Perché?
“Perché ero piccolissimo quando l’ ho visto esibirsi a Roma, e quei movimenti ce li ho ancora negli occhi. E’ stato vedendo lui che ho capito che il sincro maschile è una cosa diversa, che può avere una sua identità. E speriamo che presto se ne accorga anche il Comitato Olimpico.”