Roma dedica, finalmente, una piazza a Gabriella Ferri. In questa intervista esclusiva il racconto della donna e dell’artista nel ricordo del figlio Seva Borzak.
Se mai Roma ha avuto una voce quella è stata lei. E oggi, la sua città, con molto ritardo, dedica una piazza a Gabriella Ferri. E noi qui, ci facciamo raccontare qualcosa di più dell’artista testaccina da chi l’ha conosciuta meglio, ovvero il suo unico figlio, Seva Borzak.
Nata il 18 settembre 1942, a Testaccio, di origini umilissime, Gabriella Ferri scopri’ presto il suo talento e divento’ poi un’ icona. Complessa e generosa, sensibile e appassionata, una vera artista Gabriella, che rispolverando e riportando in auge la canzone romana, negli anni del folk, riuscì a conquistare pubblico e critica e dagli stornelli passo’ a vendere migliaia di dischi in tutto il mondo.
GABRIELLA FERRI RACCONTATA DA CHI LA CONOSCEVA MEGLIO
La Ferri, visse la sua vita in una continua ricerca. Sono molti gli aspetti poco conosciuti di questa musicista che ci ha raccontato in un’ intervista, chi la conosceva meglio, l’ amatissimo unico figlio Seva Borzak jr
“Non fu solo una cantante romana.” ci tiene a dire per prima cosa Seva Borzak jr. “Giro’ il mondo e divento’ famosa in Sudamerica con le sue canzoni in lingua spagnola, sposo’ un russo-americano (Sieva Borzak sr, mio padre: si conobbero a Caracas e si sposarono dopo tre mesi) e si appassionò a culture diverse. Era orgogliosa di Roma, come fonte di ispirazione e depositaria di cultura millenaria, ma era anche curiosa e cercava di assorbire il meglio dalle altre culture e in questo spirito sono anche stato educato io. Non mi ricordo di aver mangiato spesso pastasciutta da piccolo. La cucina etnica non andava ancora di moda e io mi ritrovavo nel piatto cous cous, o prelibatezze indiane, o cinesi. Una dieta insolita per i bambini della mia età, indicativa dell’ apertura al mondo di Gabriella che si rifletteva anche nel suo modo di essere madre.”
GABRIELLA FERRI, MIA MADRE
Che madre è stata?
”Attenta e aperta. Riusciva ad instaurare con me un dialogo quasi ‘alla pari’, senza imbarazzi o inutili sovrastrutture. Io ho sei figli e so che, molto spesso, tra genitori e figli si creano delle barriere anche minime, invisibili. Con lei questo non esisteva. Davvero è stata la mia migliore amica.” Cantava, scriveva, dipingeva, in un’ urgenza espressiva che non l’ abbandonava mai. “Nella vita, come nel lavoro, é stata sempre una donna ‘controcorrente’: nel suo modo di fare, di vestire, di esprimersi, é stata sempre all’ avanguardia. Per me, Gabriella, è stata una ‘cultura a sé’. Era un’ artista ‘a tutto tondo’, come i grandi del rinascimento, o meglio, dell’ impressionismo. Spiriti rivoluzionari che in vita pochi capirono e solo le generazioni successive ne apprezzarono la modernità ed il talento. Cantava, scriveva poesie, dipingeva, scolpiva. E amava andare in giro a cercare pietre da modellare.”
Non amava troppo lo showbusiness, anche se aveva stretto alcune amicizie profondissime con pochi suoi colleghi del mondo dello spettacolo: “Amici veri ne aveva: Pingitore, Pippo Franco, Gullotta, Pino Strabioli, Renato Zero, Mara Venier, Patti Pravo ma lei è stata sempre diffidente rispetto a quello che intorno allo spettacolo girava, il ‘business’. Comprendeva solo la genuinità e la verità dell’ arte. Quando fiutava che l’ interesse era tutt’altro, entrava in conflitto. Questo è anche il motivo per cui Gabriella Ferri e il mondo dello spettacolo si sono reciprocamente dimenticati per un lungo preiodo.”
AMAVA IL POPOLO
Ma più’ di tutto amava il suo pubblico, sia quando era sul palco, sia quando incontrava la gente in altre situazioni: per strada, al ristorante, ovunque qualcuno si fermasse a salutarla.
“Amava il popolo,” ricorda Seva, “Era disponibile con tutti. Spesso le cene al ristorante erano interrotte da qualcuno che si avvicinava, cominciava a parlare con lei e si finiva con lei che improvvisava uno ‘show’, cantando con tutti. Alcune persone conosciute in questo modo sono diventati amici di famiglia, frequentavano casa. Mi ricordo di personaggi incredibili con cui aveva fatto amicizia, senza nessun pregiudizio, uomini che poi sono diventati donne, per esempio, in un’ epoca in cui era ancora scandaloso dichiarare l’ omosessualità.”
PASSIONE
Quando Seva pensa a sua madre, gli viene subito in mente una parola: ” ‘Passione.’
“E’ quella che meglio definisce la sua arte e il suo essere. Faceva tutto con e per passione e intuiva chi aveva passione e chi no. Su questa base sceglieva le amicizie. Il suo chitarrista, ad esempio, ‘Nino il pasticcere’, era proprio un pasticcere. Non era erudito ma suonava per passione, e questo era ciò che li univa.” Anche per questo suo calore, a distanza di dieci anni dalla scomparsa di questa donna inquieta e ardente, se pensiamo alla poesia antica e graffiante di uno stornello, non possiamo che pensare a lei. “In realtà aveva molta paura del palcoscenico, era spavalda per timidezza. A lei interessava l’ esperienza del cantare, ma soffriva lo stare al centro dell’ attenzione. Fellini l’ aveva definita ‘ un pagliaccio di razza’ e l’ immagine calzava bene. Il pagliaccio è una figura misteriosa: fa ridere, ma è condannato a questo e, in fondo, ha una sua tragicità. Così Gabriella contemporaneamente era capace di toccare corde diverse dell’ animo umano. Era geniale e quindi sola. Abbracciava tutto e tutti ma spesso non si sentiva compresa. E’ la solitudine del talento. Ci sono persone speciali che vivono ‘un po’ piu’ a fondo’ degli altri e riescono a vedere cose che gli altri non vedono.”
INTERVISTA ESCLUSIVA- ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Ettore Gasperini De Orange Editore · UN MONUMENTO PER GABRIELLA FERRI
Roma, ma anche l’Italia, senza Gabriella Ferri è orfana e musicalmente decaduta. Era quella che per il Portogallo era Amalia Rodriguez, ma lei, aveva in oltre l’aggiunta lirica teatrale di Anna Magnani. Sapeva sopraffare il suo grande fascino e la sua particolare bellezza, soffocandole, per la vittoria della teatralità della commedia! Era un portento e come tutti i portenti in Italia vengono rottamati, per agevolare i mediocri raccomandati! Cagliari -08 -08- 2003 -)La Lirica è musicata e cantata ed è iscritta alla S.I.A.E. i proventi del C.D sono destinati alla costruzine di un monumento in marmo da mettere in una piazza di Roma.(Ettore De Gasparin De Saint Pierre De Orange(1400)
“L’ULTIMA BALLATA”
(dedicata a Gabriella Ferri)
Progetti, Teasti,Musiche, Chanzonnier : Ettore Gasperini De Orange
A gente s’è scordata
de ridere e cantà
de sempre senza de artisti
ie non se po’ campà
pure li gran potenti
arti prelati e regenti
per quanto rozi e gnoranti
con artisti so’ striscianti
per chè de un fato so’ certi
che so’ li richiami da e genti
e per quanto nun se capisca
so er sale e a morale de a vita
A Roma, ar cimitero, ogi è gran festa,
se celebra, un evento, de quei seri,
a ricordo, de una atrice, gran maestra,
che de la vita, reciteva, li misteri.
Pagano, chest, e chelo, in tuti i sensi,
trainandose, un fardelo, de desideri
invidiata, pe li non pagati sucesi,
ch’ereno, li paiativi, de li pensieri.
Li resultati, tristi, e i sacrifici
che se li vae a contar, non paren veri
se sentiveno, a canta, come li cigni,
che dela vita, saluteno, li piaceri.
.
De li mistieri, che c’ avea, ner core,
come uceleti, detenuti in gabia,
che viveno, de dentro, en gran dolore,
che non canteno, de gioia, ma de rabia.
inciso
Sopra una tomba, ogi, se fà festa,
dove, ie stano, gli atrez, queli seri,
ie son li Feri, dela gran Gabriela,
so le note, tormentate, de li mestieri
Quano de gente intorno a te vedevi
te venia giusto de misurà li incasi
a magior parte eran li portoghesi
e te lascieveno la spina come a li gati
Tu, senza al pari, e liriche, cantavi
ce facevi, vibrà, er peto de magoni,
te recercamo, nè li gran dischi pasati,
come amanti, abandonati e sconsolati
A tuti manchi, tanto, e per davero
sucede sempre, de ave de li rimpianti,
ora, nun c’è rest’altro, a tuti quanti,
de te venì a far e feste ar cimitero
E chesta festa t’èmo organizato
pe f’à avenì a lì stolti lì magoni
così a pochi eleti emo invitato
e a casa emo lasciato li magnacioni
Sopra una tomba, ogi, se fà festa,
dove, ie stano, gli atrezi, queli seri,
ie son li Feri, dela gran Gabriela,
so le note, tormentate, de li mestieri.
Forse, anche cheli, è sono a li comandi,
che la cultura, pensan sia er manegio
anziché, a Roma er piaze, porger l’arti
han dato, li denari a chesto e a chelo
Té Gabriela ie devi perdonare
en tuti asieme a li pasati artisti
se non de cativeria pé insipienza
ve an repagato con li giorni tristi
Como, ischidiu ite tenias in beru
dae Casteddu, a tie lampene sas, garas,
in Roma, las haimmoso, fattas claras,
de tue, Gabriella, iuchimoso, rispettu
Res sardos poetasa improvvisadores
como cantamoso pro tie irtzelebrare.
chi in tie sinde abbizzada sacralidade
chi s’anima bi poniasa in su poetare
inciso
Supra una tumba, oie fachen hesta
ube istana s’ ammànios cussos serios
ie sunu sos ferroso de Gabriella Manna
sun sas notasa turmentadas de misteros.
Guarda! ie stà Nani! C’è està sora
Monica! Ho! Ho! Zaza! Vì è Rosamunda!
E’ le Mantelate! Ancora! Eulalia Toriceli
da Forli! Mà Che belo! Ciao Gabriela!
grazie pè averci invitato a la tu festa
questa sera!..
Cagliari,08-08-2003 —Ettore De Gasparin De Saint Pierre De Orange
Che bellissime parole. Grazie, e complimenti!
Mettiamo la lirica cantata!!! Saluti Ettore