L’orrore per la morte del piccolo Daniele, il bimbo di 7 anni ucciso dal padre, Davide Paitoni nel Varesotto il giorno di Capodanno, nella casa in cui l’uomo stava scontando gli arresti domiciliari per tentato omicidio, ha sollevato un cumulo di polemiche e domande.
Chi aveva deciso che un uomo su cui pendeva l’accusa di un crimine violento, avesse comunque il diritto a vedere, da solo, il bambino?
Daniele ucciso a 7 anni, e le domande a cui si deve dare risposta
E’, quella di Daniele, ucciso a 7 anni dal proprio padre, una morte che si sarebbe potuta evitare?
A queste domande poste dall’opinione pubblica, dovranno provare a rispondere anche gli ispettori del Ministero della Giustizia, mandati dalla ministra Marta Cartabia a indagare se ci siano responsabilità dei magistrati che hanno seguito il caso di Davide Paitoni.
Sul piano delle indagini sulla morte di Daniele, l’autopsia non ha fatto che aggiungere orrore all’orrore, con l’agghiacciante dettaglio del panno infilato in bocca al bimbo dal padre assassino, per essere sicuro che non urlasse al momento del supplizio.
Il padre aveva pensato a tutto. L’omicidio efferato del piccolo, poi quello della madre Silvia Gaggini (per fortuna fallito) e, infine, il suo suicidio.
L’accusa a suo carico ora è omicidio premeditato e aggravato.
Tutto per punire quella donna che lo aveva lasciato. In una dinamica purtroppo non inconsueta. La conferma arriverebbe anche da un messaggio lasciato dallo stesso Paitoni prima della fuga: “Mi hai rovinato la vita”.
La feroce vendetta di Davide Paitoni, è finita con una sola vittima, la più innocente di tutti. Un bambino di 7 anni, suo figlio, lasciato in balia di un uomo capace di aggredire e quasi uccidere un altro uomo. Non solo. Un uomo su cui pendevano due denunce per maltrattamenti, una della ex moglie, e una dell’ex suocero.
Come mai il padre ai domiciliari poteva continuare a vedere da solo Daniele?
Come è stato possibile? E’ proprio per far luce su questo che si sta muovendo il ministero.
Il momento chiave per capire se ci siano state inadempienze o leggerezze nella gestione del caso da parte dei magistrati che si sono occupati di Davide Paitoni è quello del 26 novembre, quando la giustizia è stata chiamata a pronunciarsi a seguito del tentato omicidio da parte dell’uomo, di un collega. Accoltellato e mandato dritto in terapia intensiva.
A decidere per gli arresti domiciliari fu il gip che motivò la sua scelta soffermandosi sull’aspetto della possibilità dell’inquinamento delle prove. La procura fa presente che, in quel momento, venne sottolineata anche la ‘pericolosità sociale’ del soggetto in questione, citando le due denunce precedenti. Poiché però la decisione del magistrato che si pronunciò per i domiciliari si basava sulla necessità di proteggersi dall’eventuale inquinamento di prove, mentre per le denunce di altri reati si teneva conto che si sarebbero potute risolvere in modo favorevole all’accusato, a Paitoni venne concessa la possibilità di continuare a vedere ex moglie e figlio.
Fin qui, lo scambio di documenti e note reso noto dai media, ora si aspettano le conclusioni degli ispettori del ministero. Mentre la comunità di Gazzada Schianno si prepara a dare l’ultimo saluto con i funerali a Daniele, ucciso a 7 anni da suo padre.