Daniela Collu, racconta nel libro “Volevo solo camminare” la sua emozionante esperienza sul Cammino di Santiago
Daniela Collu, aka Stazzitta, blogger, conduttrice e autrice televisiva, ha raccontato nel libro Volevo solo camminare edito da Vallardi, la sua esperienza sul Cammino di Santiago.

Un percorso affascinante e complesso che ogni anno attrae centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo che sfidano chilomentri, stanchezza, acciacchi e scomodità per arrivare nella città di Santiago di Compostela. Ma qual è il segreto di questo percorso? E perchè chiunque affronti l’impresa, ne parla poi come una cosa da fare assolutamente nella vita?
Lo abbiamo chiesto a Daniela Collu in questa intervista
Come ti è venuta l’idea di fare il Cammino di Santiago?
Veramente per caso. Era stato un anno di lavoro intenso, avevo quindici giorni liberi e non mi pareva vero. Li volevo sfruttare bene, quindi cercavo un viaggio diverso, che non fosse andarmi a spiaggiarmi per due settimane, e nemmeno il solito giro turistico. Cercavo un viaggio che avesse un sapore diverso. L’idea mi è balenata quando mi è venuto in mente che un’amica mi aveva detto di averlo fatto, e non so, mi è venuta la voglia di andare.
Cosa ti preoccupava di più, prima della partenza?
Io sono partita che non sapevo veramente nulla sul Cammino di Santiago. La cosa che mi preoccupava di meno, in fin dei conti, era la fatica a cui sarei andata incontro. Più che altro mi preoccupava il non sapere niente. L’unica cosa che sai durante il Cammino è dove devi andare, che devi seguire le frecce gialle, per il resto non sai nulla: non sai quello che troverai sulla strada, dove mangerai, dove dormirai, quando ti fermerai. Devi affidarti completamente al caso e questo è bellissimo dal momento in cui ti lasci andare e t poni nello stato d’animo di farti sorprendere,m a ci vuole un pò per entrare in questo spirito. Noi siamo tutti immersi in una realtà imbrigliata da obblighi, orari, doveri, scadenze. Il fatto di non avere più questi confini, può essere davvero spiazzante e bisogna abituarcisi. Io il primo giorno, per tutto il tempo che ho camminato, ero sola, in mezzo alla campagna castigliana, tutta in piano senza nemmeno un albero. Non facevo che pensare: ‘ora qualcuno mi da una botta in testa, mi deruba, se succede qualcosa nessuno mi aiuta…’ E’ una paura che non ti abbandona e che superi solo attraversandola, passandoci dentro e riuscendo a fare quello che prima non avresti creduto possibile.
Si pensa spesso che a partire per viaggi di questo tipo siano persone in crisi, tu cosa cercavi quando sei partita?
E’ un vizio di forma. Per la nostra società, prendersi un po’ di tempo esclusivamente per noi stessi è una cosa strana, inconcepibile. Se hai voglia di fare qualcosa di diverso, da solo, magari anche per metterti alla prova, devi per forza essere ‘in crisi’. Se dite che andate da da soli a Ibiza nessuno penserà che siete in crisi, ma se dite che andate a fare il Cammino di Santiago in molti lo penseranno. Bisognerebbe capire che, se mi prendo del tempo per me, non è per forza perchè voglio scappare da qualcosa. Io quando sono partita attraversavo uno dei momenti più sereni della mia vita, andava tutto a gonfie vele: lavoro, amore, salute, famiglia. Sono partita e ho scoperto come riprendermi il mio tempo, ma questa è una cosa che nella nostra società, evidentemente, è concessa solo se stai male.
Altri pregiudizi sul Cammino di Santiago?
Che chi lo fa è sicuramente un devoto religioso. Quando sono partita qualcuno era preoccupato che ritornassi trasformata in una Papa girl. In realtà non è un’esperienza solo per chi è religioso. E’ vero che in origine nasce come cammino religioso e che sul percorso si incontrano molte chiese e gruppi religiosi, ma non senti una pressione in questo senso, se vai lì da non credente come sono io. In molti quando sono tornata mi hanno chiesto “Hai sentito la presenza di Dio?”. Io posso dire che sicuramente sono rimasta folgorata dalla grandezza della natura in cui sono stata immersa: gli alberi, i boschi, la montagne, i campi, i fiumi, posso dire che mi sono stentita illuminata da quello che esiste e che, prima di questa esperienza, non avevo mai realizzato così profondamente.

In concreto, al di là delle aspettative, quali sono state le difficoltà più grandi che hai incontrato?
La verità è che non ci sono difficoltà reali. Il Cammino di Santiago è un percorso che puoi cucire interamente su di te, puoi scegliere i giorni di cammino, il ritmo del passo, se fermarti un po’ di più quando sei stanca o accelerare quando sei in forma. L’importante è abbandonare ogni aspettativa. Anche perché l’unica cosa che avrai da fare per giorni è camminare. E anche quando ci sono difficoltà, queste si superano e si trasformano nella scoperta di nuove cose che sai fare anche se prima non lo credevi.
Consigli pratici per chi parte?
Il consiglio più importante, numero uno che mi sento di dare è: viaggiate con poco. Perché lo zaino lo porterete sulle vostre spalle tutto il giorno, qualsiasi sia il vostro stato di forma e in qualunque condizione atmosferica. Quindi, fate la lista di ciò che ritenete necessario portare e poi togliete la metà delle cose che avete previsto. Liberatevi di tutto il superfluo e sostituitelo…con i medicinali! Perché avere nello zaino antinfiammatori, antidolorifici, cerotti antivesciche, vasellina ecc. può salvare voi, ma anche i pellegrini che incontrerete sulla strada. Una delle prime cose che farete con gli altri sul Cammino sarà chiedere o ricevere un medicinale per curare piccoli o grandi acciacchi. L’altro consiglio fondamentale è di procurarsi la Credenziale del Pellegrino, una sorta di carta d’identità che vi permette di mangiare, alloggiare negli ostelli e che, a fine percorso vi verrà timbrata. E che siate credenti o no, sarà una cosa veramente emozionante.
Nel tuo libro colpisce molto l’aspetto umano del Cammino, gli incontri che fai sulla strada: in un breve lasso di quindici giorni racconti di aver conosciuto persone che puoi addirittura definire ‘famiglia’
Se la famiglia è il posto in cui si imparano le cose e come cavarsela nella vita, allora nel percorso per Santiago ho trovato una famiglia, perché insieme a loro ho scoperto come fare cose che non sapevo fare. Sono persone che in certi casi ho incrociato per poche ore: mi viene in mente, per esempio, una donna americana, gravemente obesa, che sotto il sole faceva il Cammino con la giovane nipote e, quando le ho chiesto come stava, un po’ preoccupata, lei mi ha risposto “Benissimo!” e io ho pensato che quello era il ‘benissimo’ più sincero che avessi mai sentito. Perché lì, chiedersi come stai? E ascoltare la risposta, assume tutto un altro valore. Tutti sono sinceramente interessati ad aiutarsi e ad ascoltarsi. Una cosa lontanissima da quello che succede nella nostra vita quotidiana. Quando nella maggior parte dei casi, chi ti chiede come stai non ascolta nemmeno la risposta.
Ma questo avviene perché ci si trova in un contesto particolare, tu questa attenzione e apertura agli altri sei riuscita a portartela a casa?
Posso dire di sì. E, se ci sono riuscita, è perché l’ho fortemente voluto. Ho voluto trattenere tante cose imparate sul Cammino, non solo la capacità di apertura agli altri ma anche tante altre lezioni. Una volta tornata a casa ho ridimensionato il mio approccio a molte cose. E’ questo il tesosro che mi ha regalato l’esperienza del Cammino di Santiago.
