Cinque anni sono passati dal crollo del Ponte Morandi a Genova. Era il 14 agosto del 2018 infatti, quando la struttura collassò, portandosi dietro la vita di 43 persone e altrettante famiglie. Una data segnata con il rosso del sangue nella recente storia italiana, una tragedia che in tanti stanno ancora innocentemente pagando, a iniziare dai parenti delle vittime. Come Giovanna Donato, vedova di Andrea Cerulli, portuale travolto dal crollo e morto a 47 anni lasciando la moglie e un figlio di 9 anni. Ed è proprio quella donna, che in questi cinque anni ha dovuto far fronte a dolore e difficoltà per crescere da sola un figlio orfano di padre, che ha pensato di far conoscere la situazione in cui versa lei, come molti altri, a distanza di un lustro dalla tragedia che ha cambiato per sempre le loro vite.
Lo ha fatto con una lettera aperta a Primocanale ,in cui ha raccontato come i parenti delle vittime, siano ancora lontani all’obiettivo di ottenere giustizia. “Cinque anni sono un tempo lunghissimo, ma è ancora tutto fermo”, scrive Giovanna Donato. “In cinque anni il processo per il crollo del Ponte Morandi è ancora in corso, iniziato da appena un anno, le due società responsabili hanno avuto il tempo di patteggiare e di uscire dal processo, e non è stata fatta ancora giustizia, in questo tempo sono cambiati tanti governi, tante parole, tante promesse ma nessuno si è preso la responsabilità di quanto accaduto. In cinque anni si è riusciti a non togliere la revoca alla concessionaria colpevole ma a liquidarla profumatamente, non c’è ancora un memoriale né rinascita di un quartiere prima abbandonato e dopo straziato dalla tragedia. L’informazione pubblica ha dimenticato la vergogna di questa tragedia nazionale rendendola invisibile agli occhi di tutti gli italiani” e aggiunge: “La città di Genova ha avuti grossi finanziamenti per la tragedia investi in opere discutibili. Un disegno di legge richiesto per la tutela di tutti i cittadini è ancora fermo quando ogni giorno vengono fatte leggi a discapito dei cittadini”.
E poi spiega cosa sono stati per lei questi cinque anni: incastrati nel ricordo di un momento fatale eppure con la necessità di trovare la strada per andare in qualche modo avanti: Cinque anni sono davvero un tempo lunghissimo soprattutto per una mamma che da sola deve crescere il proprio figlio. Ma nonostante siano passati cinque lunghi anni il ricordo di quel 14 agosto, la corsa alle notizie, il telefono spento di Andrea, le preghiere, quella telefonata, le lacrime soffocate, quel viaggio in aereo verso la drammatica verità, l’urlo di Cesare… quel ricordo annulla i cinque lunghi anni trascorsi perché vive in me, in tutti noi, ogni giorno“.