Il Coronavirus: cos’è e come difendersi, a spiegarlo in un libro-intervista è Maria Rosaria Capobianchi la virologa a capo del team che per primo ha isolato il CoVid-19 in Italia

È iniziata ufficialmente la seconda settimana di quarantena in Italia. Il Coronavirus fa parte della nostra quotidianità e ognuno, da casa, sta combattendo per ridurre il contagio. I numeri continuano a salire e sembra lo faranno per i prossimi sette giorni. Poi, si spera, ci sarà una flessione se tutti seguiranno le regole.

Pensare positivo non è facile, forse nemmeno necessario, ma essere logici invece lo è. Per farlo il nemico silenzioso da sconfiggere è la paura, che si annida in tutte quelle informazioni frammentate e quei pseudo-consigli medici da cui siamo bombardati sui social.

Anche per diffondere una luce in questa emergenza ormai globale, è nato il libro curato dalla giornalista Benedetta Moro: Coronavirus – cos’è, come ci attacca, come difendersi, edito da Castelvecchi. Una lunga intervista a Maria Rosaria Capobianchi, direttrice del dipartimento di Virologia dell’Istituto Nazionale Malattie InfettiveLazzaro Spallanzani di Roma. La scienziata a capo del team che ha isolato per primo il CoVid-19 in Italia e una fonte preziosa in questo momento di difficoltà.

Nel libro tutte le informazioni basilari sull’origine del virus, la sua distribuzione e quel che possiamo aspettarci dal suo sviluppo. A cominciare dal nome, “Coronavirus”. Al microscopio elettronico questa famiglia di virus, tra cui c’è anche quello che causa il comune raffreddore, appare circondata da alcune estroflessioni, che gli danno appunto un aspetto coronato e di conseguenza questo appellativo.

Non è la prima volta che questo tipo di virus ci causa problemi. È già successo nel 2003, con l’epidemia di Sars, anch’essa partita dalla Cina, e nel 2012, con la Mers, diffusasi nei Paesi Arabi e ancora in circolazione, ma con un livello di contagiosità uomo a uomo molto basso. Anche per questo il vero nome di questa nuova epidemia è Sars-CoV-2, essendo della stessa specie.

La dott.ssa Capobianchi spiega inoltre il ruolo dei pipistrelli e quello del mercato di Wuhan, primo focolaio, nella diffusione del virus. I chirotteri (nome scientifico dei pipistrelli) sono animali molto antichi, nel corso delle loro lunga esistenza sul nostro pianeta hanno sviluppato dei potenti mezzi di difesa immunitaria, che permettono loro di “portare” in sé molti virus senza esserne colpiti. Nel mercato della cittadina cinese gli animali messi in vendita sono molteplici, tra cui anche i pipistrelli. Le modalità di uccisione e di contatto sono piuttosto rozze e all’origine di questa promiscuità potrebbe trovarsi il passaggio del virus all’uomo. Tuttavia, chiarisce l’esperta, la rapida diffusione da uomo a uomo porta a pensare che l’adattamento agli esseri umani (salto di specie) sia avvenuto in tempi molto brevi .

Ma come funziona la trasmissione tra noi? Il virus si sposta con le secrezioni respiratorie che ognuno sparge tossendo o starnutendo. Dunque per questo le mani diventano uno strumento molto pericoloso se non igienizzate e disinfettate per bene. Il sapone è un detergente potentissimo per inattivare un virus dotato di involucro come il Coronavirus, specifica Capobianchi. Anche le mascherine chirurgiche bloccano lo spandimento delle secrezioni, seppure non possano garantire a un sano l’immunità qualora venga a contatto con una persona infetta che non la indossa. Nei laboratori dello Spallanzani, così come negli ospedali italiani, si circola invece con filtranti e occhiali di protezione che preservano i professionisti, così indispensabili in questi momenti difficili.

In attesa del vaccino alcune terapie sono già in atto. Si chiama “repurposing” o uso compassionevole quello di farmaci sviluppati per altri tipi di malattie e che hanno già superato il trial necessario. Per ottenere l’autorizzazione a usare farmaci già testati o che hanno comunque già superato la prima fase del processo, ci si rivolge all’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Ad oggi in Italia si utilizzano farmaci contro l’Hiv in quanto inibitori della proteasi, che è un enzima che permette alla particella virale di maturare. Nonché il Remdesivir, nato per l’Ebola, e riproposto in quanto blocca la replicazione del genoma virale.

Per il vaccino si dovrà aspettare ma forse, chiarisce la dottoressa, meno del previsto. È importante prima capire quali elementi del sistema immunitario sono protettivi così da poterne predire l’efficacia. Non è facile tuttavia una sperimentazione sull’uomo, in quanto non è possibile l’infezione ad hoc, andranno perciò studiati dei parametri surrogati. Il coinvolgimento dei professionisti di tutto il mondo fa ben sperare.

Sulla fine della pandemia la dottoressa non dà certezze. Esistono, dice, delle istituzioni che costruiscono dei modelli epidemiologici, ma anche questi spesso si sono rivelati fallaci. Tutte le pandemie hanno un periodo di diffusione ed espansione. Poi gli scenari sono due, anche non in contrasto tra loro: il virus si adatta alla popolazione, divenendo meno virulento o la popolazione diventa resistente e si raggiunge quell’ “immunità di gregge” di cui si è parlato nei giorni scorsi.

In nessun caso il virus potrebbe colpire tutta la popolazione mondiale, rassicura, ma per preservare più persone possibile è importante che ognuno faccia la sua parte.

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