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La favola di Cenerpentola ha tutti gli elementi delle storie che ci tenevano incollati da bambini. C’è un’eroina coraggiosa che affronta mille ostacoli, ci sono difficoltà a non finire e colpi di scena, c’è un lieto fine scritto da un karma piuttosto ironico, come ironica è d’altronde la nostra eroina, la più contemporanea della principesse, quella che si salva da sola, sostituendo nel suo caso la scarpetta di cristallo con una padella sfrigolante.

Cenerpentola, la battaglia di una chef contro obesità e discriminazioni

Bisogna partire da qui, per raccontare la storia di Stefania Camurri. Dalla cucina di un ristorante, il Mamanonmama di Campiglia Marittima, approdo finale di un lungo viaggio fatto di amore e odio con il cibo, di battaglie, fatiche, inciampi e vittorie.

Una storia che Stefania racconta con grande sincerità nel libro autobiografico “Cenerpentola”.

Il cibo è il filo rosso che percorre tutta la vita di questa donna: la sua più grande passione e il suo più grande tormento, ieri come oggi.

Da tutta la Toscana e dintorni, ogni sera i clienti puntano su Campiglia, affamati e curiosi di scoprire cosa ha creato per loro una delle chef più creative della zona. Una donna che il cibo lo tratta non solo con rispetto, ma con devozione: lo studia, lo usa, lo trasforma e lo esalta.

Il cibo oggi è lo strumento attraverso cui esprimere un talento riconosciuto, ma ieri è stato il suo più grande nemico.

E anche ora, in verità, i rapporti non sono proprio del tutto ‘pacifici’.

“Amo il cibo”

Amo il cibo, l’ho sempre amato” racconta la chef Camurri a Tua City Mag. “I miei genitori a Carpi, dove sono nata, avevano una gastronomia, poi hanno aperto un ristorante.

Il cibo è stato sempre un elemento centrale nella mia vita. Già da bambina avevo una grande passione, mi piaceva tantissimo mangiare cose buone. Quando il pomeriggio ero a casa, il momento più bello per me era quello della merenda, non quello in cui potevo giocare”.

Il cibo però, era anche quella cosa che portava tanto tempo fuori casa i genitori di Stefania.

“Il cibo, il ristorante di famiglia, era quella cosa che  impediva che mamma e papà cenassero con me e mia sorella tutte le sere, come facevano gli altri genitori. La cosa che non ci faceva mai vivere un giorno di festa come lo vivevano gli altri. Oggi che anch’io sono madre e faccio il loro stesso lavoro, so che hanno fatto quel che dovevano, ma da bambina ho sofferto per questo”.

Da bambina, quando la grande consolazione Stefania la trovò proprio nel suo amore per quel cibo che attirava tante attenzioni e tanto tempo di mamma e papà. E così, la nostra eroina, senza neanche accorgersene, si fa sedurre da una grande passione che, però, si rivela presto un amore prepotente, che si prende il suo corpo e, attraverso quello, pian piano, tutto il resto.

L’amore prepotente, il bullismo e la discriminazione

Quando è ormai un’adolescente prende coscienza, dolorosamente, della sua fisicità. Il suo corpo è grande, molto più grande di quello di tutte le sue coetanee.

Stefania ama mangiare e si muove troppo poco, si sente in colpa e a disagio, e i chili aumentano. E mentre aumentano i chili, aumentano le difficoltà a relazionarsi con il mondo e diminuisce la sicurezza . Così la nostra Cenerpentola, in quel corpo grande e morbido inizia a nascondersi, lo usa come uno scudo: un cuscinetto fra se stessa e il dolore che provocano le cattiverie, le battute, il bullismo.

“Cercavo di compiacere tutti. Mi impegnavo ad essere la più disponibile, la più simpatica tra le compagne di scuola. Mi impegnavo a compensare quello che la mia fisicità mi toglieva annullando la mia personalità, mettendomi sempre a servizio degli altri”.

Un’adolescenza in cui Stefania ha coltivato comunque un sogno. Curiosa, bravissima nell’apprendimento delle lingue straniere e grande amante dei viaggi, forte delle sue diverse esperienze di studio all’estero, quando è il momento, prova a realizzare il suo desiderio più grande: lavorare nel turismo. E’ a quel punto che capisce davvero che la sua fisicità, vista e giudicata dagli altri, è qualcosa che la tiene ancorata a terra, una zavorra pesante che le impedisce di volare.

“L’obesità è un difetto che nessuno perdona”

“L’obesità è un difetto che nessuno perdona. Chi è obeso, non solo si sente costantemente in colpa, ma subisce anche gravi discriminazioni nella vita di tutti i giorni. Io ho studiato lingue perché sognavo di lavorare nel mondo del turismo. Facevo domanda ai villaggi turistici e nessuno mi prendeva in considerazione, nonostante in quei contesti ci siano tantissime posizioni lavorative diverse. Non pretendevo mi prendessero per fare l’animatrice: potevo lavorare in ufficio, in negozio, in cucina, fare tante cose. Ero preparata più di tutti gli altri, ed ero sempre scartata.

Ma la vera sliding door della mia vita è arrivata di fronte alla più grande delusione.

 Sono arrivata ad un passo dal mio sogno e ho capito che ciò che mi separava dal realizzarlo erano i miei chili in più anzi, come questi venivano considerati. Volevo lavorare in una compagnia aerea, non certo come hostess. Mi sarebbe bastato un lavoro d’ufficio, al desk, qualsiasi cosa. Poiché ero molto preparata arrivai al colloquio, ma è lì che trovai a sbarrarmi la strada la discriminazione sulla mia fisicità. Fu quello un momento doloroso, ma un momento di svolta nella mia vita”.

Sliding doors: è ora di cambiare

Stefania decide che è ora di cambiare, che riappropriarsi del suo corpo significa darsi le possibilità a cui hanno diritto tutti, e prende una decisione coraggiosa.

“Andai dai miei e fui categorica. Annunciai di voler fare l’operazione allo stomaco. Loro si opposero in ogni modo, ma io ormai avevo preso la mia decisione”.

Erano gli anni ’90 e Stefania è stata una dei primi italiani a sottoporsi a un intervento che oggi è molto frequente per i casi di obesità. Allora invece, il rischio era alto, molto alto. Ma lei decise che la vita voleva viverla senza quel peso, libera da quell’involucro voluminoso che impediva a chiunque altro di vedere cosa ci fosse sotto.

La nostra eroina affronta con coraggio l’intervento e inizia una nuova vita. Una vita, non sempre facile, in cui ancora il cibo è protagonista, nel bene e nel male.

Sfumato il sogno di lavorare viaggiando, Stefania trova la sua strada nella cucina del ristorante di famiglia. L’operazione le ha tolto i chili in più, ma le ha lasciato addosso una ‘maledizione’:  ancora oggi non può magiare cibi solidi, il suo corpo non riesce a trattenerli e finisce per rigettare qualsiasi boccone.

Eppure la nostra Cenerpentola continua ad essere preda della fascinazione di un buon piatto di spaghetti e della magia che gustarlo produce sulle persone. Dopo la gavetta nel ristorante di famiglia, ne apre uno tutto suo, con il marito.

Un sogno in macerie

Ma le prove, per lei, non sono ancora finite.

A pochi giorni dall’inaugurazione del suo locale, in Emilia la terra trema e tutto viene giù. Il terremoto le porta via un altro sogno, ma Stefania ormai è temprata contro delusioni e difficoltà. Si rimbocca le maniche e finisce in Toscana, a ‘fare la stagione’ estiva nei ristoranti del litorale.

Si rende conto che quella può essere l’ulteriore sliding door della sua esistenza e decide che sì: si può ricominciare da lì.

Si fa raggiungere da marito e due figli e, dopo tanto lavoro, ritira fuori quel sogno rimasto sepolto, nel tempo di un boato, dalle macerie del terremoto. Trova il posto giusto e apre il suo ristorante.

Qui riversa tutto l’amore e l’energia che ha, e crea qualcosa di speciale, profondamente personale eppure ampiamente amato e compreso dal pubblico.

Ora Stefania racconta orgogliosa: “Vengono da tutta la Toscana per mangiare al Mamanonmama, e vengono per i miei piatti!”

Cenerpentola e il karma ‘sciocco’ che forse un senso ce l’ha

I piatti di Stefania Camurri sono il vero lieto fine della favola di Cenerpentola. Sono il modo con cui, questa donna forte e determinata, si è ripresa la sua vita. Anzi, di più: sono il modo in cui lei lascia ogni giorno il suo segno, regalando ai suoi clienti momenti di puro piacere.

Quel piacere che a lei rimane ancora negato.

E’ qui, nella cucina del suo locale di Campiglia, che la nostra chef ha domato i suoi demoni. O meglio, li ha rosolati, salati, sbollentati, sminuzzati, fritti, conditi, farciti e spadellati .

La sua passione per il cibo non è diminuita nemmeno un po’, ma ora a comandare il gioco è lei.

Il cibo non è più un nemico, è una materia da rispettare certo, studiare, ma anche da plasmare.

Non è più Stefania ad essere in balia del cibo, è il cibo ad essere nelle sue mani. Mani che tanto hanno lavorato e tanto hanno capito. Mani che non odiano ciò che toccano, ma lo accarezzano con amore e lo trasformano in creazioni speciali, inaspettate, creative.

“Per me fare un piatto è come dipingere avendo in mano una tavolozza di tanti colori. Io studio ogni consistenza, ogni sapore, ogni odore, ogni proprietà della materia prima, e poi mi faccio guidare dal mio gusto e dalla mia creatività. Sono una sperimentatrice, voglio andare a fondo e scoprire ogni segreto del cibo, e poi sfruttarlo per rendere felice chi lo mangerà”.

Una dedizione e una sapienza che ha reso molto conosciuta lei e le sue ricette, ma che sono anche l’approdo di un lungo e faticoso percorso personale.

 “So che al mondo esistono tanti patimenti, ma l’obesità e il rapporto con il cibo è il mio. Per me è stato talmente doloroso e faticoso uscirne, che posso parlare solo di questa esperienza, e lo faccio anche perché spero che raccontarlo serva a qualcun altro. La mia vita è guidata da un karma così ‘sciocco’ che mi porta oggi a dover stare tutto il giorno a contatto con il cibo, con la mia voglia costante di mangiare, sapendo che non mi è permesso, che se lo faccio soffrirò. E proprio questo strano percorso del destino mi ha convinto che, nella vita, niente è un caso. Anche nel mio viaggio tribolato c’è un senso, e penso sia il fatto che, alla fine, mi ha portato a creare qualcosa di profondamente mio”.

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