“Alla sindaca abbiamo chiesto più volte un incontro, mai avuto cenno di risposta. Purtroppo non basta essere donna per essere femminista e questo la sindaca l’ha dimostrato. Ci tiene anzi a non distinguersi in quanto donna, nel suo ambito politico. Quando era consigliera, lei conosceva il documento che avevamo preparato per la giunta Marino e aveva detto che avrebbe votato e appoggiato. La giovane consigliera d’opposizione ci appoggiava, dunque ora le chiederei almeno coerenza.” Francesca Koch, presidente della Casa Internazionale delle Donne
nel corso di una conferenza stampa oggi in Senato, manda in questo modo l’ennesimo messaggio alla sindaca Virginia Raggi, che in questi mesi di tempesta tra la casa del femminismo italiano e il Campidoglio, non si è ancora decisa ad incontrare le attiviste.
La situazione di incomunicabilità che si trascina da mesi, è precipitata con l’approvazione di una mozione in comune, firmata dalla consigliera Gemma Guerrini che di fatto, si pronuncia per lo sfratto causa mancato pagamento del canone e per il bando per la riassegnazione del complesso secentesco del Buon Pastore che da trent’anni è, la Casa delle donne italiane.
“Quando nel 1983 il comune affidò questo luogo alle associazioni femministe lo fece con un’idea precisa. Si voleva riscattare quel luogo che nei secoli era stato un luogo di sofferenza per le donne affidandolo alle associazoni femministe, proprio per ribaltarne il senso.” ricorda Francesca Koch.
Ciò che ha portato ad uno scontro con il Campidoglio, è il mancato versamento di parte del canone da parte della Casa Internazionale delle Donne. Un problema e una morosità che le attiviste riconoscono. Anzi, spiegano, furono loro, già nel 2010 a sollevare la questione con la giunta di allora, quella guidata da Gianni Alemanno.
“Il riconoscimento del debito non nasce all’improvviso. E’ dal 2010 che, noi per prime, sapendo che sarebbe stato impossibile onorarli, abbiamo iniziato a sollecitare la revisione degli accordi di convenzione, Sapevamo che quel canone non ce l’ avremmo fatta a pagarlo, noi viviamo di donazioni e quote di associazioni. Il sindaco Alemanno aveva deciso una proroga di altri 6 anni, fino 2021 e stava preparando una rateizzazione.Con la giunta Marino questa realtà era tornata ad essere considerata un progetto dell’ amministrazione capitolina, un valore di tutta la città, non solo delle donne.E anche con quella giunta abbiamo proseguito il dialogo.
La situazione oggi non è così gloriosa. Tutte queste promesse ci avevano tranquillizzato, pensavamo che questa strategia potesse essere condivisa anche da altre amministrazioni ,mentre ora ci troviamo in difficoltà.Abbiamo chiesto la rateizzazione del debito e commodato d’uso gratuito del complesso del buon Pastore, come previsto dalla legge vigente sul terzo settore.”
Stasera alle 18 è prevista una grande mobilitazione per salvare la casa di tutte in Campidoglio. Le donne, proveranno ancora una volta a far sentire la loro voce, come stanno facendo da giorni e a salvare un’esperienza preziosa, ormai radicata nel tessuto sociale della città.
La situazione della Casa Internazionale delle Donne, a Roma, sta facendo parlare e indignare più di altre, ma non è una situazione isolata in città. E’ di una settimana fa lo sgombero dell’ Angelo Mai, ma da mesi, non si contano più gli spazi in cui si svolgevano attività sociali o culturali che sono stati chiusi in nome del recupero del patrimonio immobiliare capitolino, che in soldoni vuol dire, tra l’altro, canoni di mercato.
Il punto è questo: gli affitti e le utenze vanno ovviamente pagati, ma quando si parla di recupero e valorizzazione degli spazi, come è possibile misurare in termini puramente monetari quanto le attività di servizio sociali e culturali svolti in quegli spazi ad opera di associazioni, comitati, volontari, hanno contribuito a valorizzarli e recuperarli? E come è possibile misurare in termini monetari quanto quelle attività abbiano effettivamente sollevato dal peso economico di fornire determinati servizi, le amministrazioni?
Per rimanere alla Casa Internazionale delle Donne, secondo i dati diffusi dalle attiviste, è stato pagato parte del canone oltre a tutte le utenze, quindi la morosità riguarda solo parte del canone. Ma nel frattempo, le associazioni della Casa hanno creato uno spazio aperto dalle 7 del mattino fino a sera ogni giorno della settimana, hanno servizi per la comunità, e creato posti di lavoro. Come può essere quantificato in termini monetari tutto questo?