Quanto abbiamo paura della guerra in Ucraina?

Secondo gli operatori del mercato immobiliare tanta.

Sono loro infatti a segnalare, già da settimane, alcune nuove e particolari richieste, niente affatto isolate, da parte di chi cerca casa: che l’appartamento proposto abbia un giardino o un vano in cui inserire un ‘rifugio’ o, meglio ancora, lo avesse già predisposto.

Cercasi casa con bunker antiatomico

Con ‘rifugio’ intendiamo un bunker antiatomico, ovvero quella stanza che può salvare la nostra famiglia dall’olocausto nucleare. Una cosa di cui in Italia non sentivamo parlare così tanto, da quando ci fu l’incidente di Cernobyl. Oggi che il rischio nucleare non è secondario nello sviluppo del conflitto in corso in Ucraina, antiche paure sono tornate ad angosciarci.

Paure che, nella collettiva ingenuità, credevamo seppellite per sempre, chiuse a chiave in un bel bunker a tenuta stagna in un angolo della nostra testa.

Eppure, sono passati solo una manciata di decenni da quando la devastazione atomica ci sembrava fosse la sicura modalità dell’imminente fine del mondo.

A testimonianza di questa paura, che influenzò o bloccò per decenni interi stati e democrazie, a iniziare dalla nostra, rimangono testimonianze a cui fino a ieri ci approcciavamo con lo spirito degli archeologi e degli appassionati di antichità, e oggi invece, ci sembrano semplicemente il simbolo dei momenti più sciagurati della convivenza umana nell’età contemporanea e non ci sembrano più così lontani nel tempo.

Una di queste testimonianze, forse la più famosa in Italia, si trova a un’ora di auto scarsa a nord di Roma.

L’inespugnabile bunker del monte Soratte

Quattro chilometri di tunnel e cunicoli nelle viscere del monte Soratte. Una collina che si staglia per 650 metri sulla valle del Tevere. E che è stata scelto per diventare il rifugio della classe dirigente in pericolo sin dal 1937.

In quell’anno, Benito Mussolini, che sentiva già odore di guai, diede ordine di costruire nella pancia di una montagna velocemente raggiungibile da Roma, e più ancora da casa sua, un rifugio in cui i gerarchi avrebbero trovato protezione nel caso di bombardamenti.

L’opera, conclusa, si rivelò all’avanguardia e, ancora oggi, con le successive modifiche di cui diremo, è considerata un grande esempio di ingegneria militare.

Quanto questa opera fosse efficiente lo dimostrò la pioggia di bombe americane vi si abbattè con l’intenzione di ridurre tutto in cenere, il 12 maggio del 1944.

Dopo l’8 settembre, i tedeschi cercavano un quartier generale dove stabilire la squadra di comando del governo di occupazione. Kesserling si ricordò del rifugio che avrebbe dovuto salvare i gerarchi fascisti e decise che poteva salvare in caso anche i nazisti. Ed ebbe ragione.

Quando gli americani si accanirono con tonnellate di ordigni sul Soratte, gli unici a rimetterci furono i soldati nelle postazioni antiaeree alle pendici del monte. Il bunker si dimostrò a prova di bomba, anche se i tedeschi a seguito di quel pomeriggio di fuoco abbandonarono in fretta in furia la postazione.

E qui si inserisce la leggenda secondo cui, nella fretta, i nazisti si lasciarono dietro un tesoro che sarebbe ancora sepolto da qualche parte nell’altura che domina Sant’Oreste.

Gli anni passano, la guerra calda finisce e quella fredda inizia.

E’ negli anni ’60, quando sembra che da una parte e dall’altra si stia per spingere un bottone per dare il via alla fine del mondo, che in Italia si torna a pensare al rifugio del Soratte.

Per le stesse ragioni per le quali l’aveva fatto costruire Mussolini, per le stesse ragioni per le quali l’avevano scelto i nazisti, i capi dell’Italia repubblicana decidono che, nell’imminente pericolo, è lì che le alte cariche dello stato devono rifugiarsi, per uscirne solo a olocausto concluso, e vedere di decidere il da farsi.

Certo, il rifugio era a prova di bomba, ma non a prova di atomica. Dal 1967 quindi, anche sotto l’egida della N.A.T.O. si investì per adeguare l’inespugnabile rifugio del Soratte alla nuova minaccia atomica.

Venne modificato un tratto delle gallerie, che divenne il vero e proprio bunker antiatomico, con porte a tenuta stagna e tappi di cemento spessi più di 6 metri.

Memoria e attualità

Nel 1993, L’AIEA, Agenzia internazionale per l’energia atomica, lo stesso ente che in questi giorni sta lavorando in Ucraina per garantire la sicurezza dei tanti impianti nucleari, nel descrivere il bunker del Soratte, lo indicò come modello da seguire in caso di costruzione di opere simili, e “in grado di garantire la continuità della nazione in caso di devastazione generalizzata dal termonucleare”.

Tutto questo accadeva senza che i santorestesi, né i rignanesi, nè altri abitanti di paesi limitrofi ne sapessero nulla. Lo hanno scoperto solo una quindicina di anni fa.

Comunque, il bottone della fine del mondo non venne spinto mai.

 Caduto il muro di Berlino, fatta l’Europa politica e non solo economica, e tutto quello che sappiamo, chi si ricordava più della minaccia atomica?

Non certo gli abitanti del monte che hanno reso quel posto, che evoca alcuni dei momenti più tragici del ‘900, un luogo della memoria.

Sono stati aperti al pubblico spazi con visite guidate e un percorso museale che racconta l’incredibile storia del bunker nel Soratte. Che però in questi giorni drammatici inizia a sembrare qualcosa di più di un pezzo da museo.

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