Anna Foglietta interpreta la virologa Ilaria Capua nel film Trafficante di virus di Costanza Quatriglio Foto: Ufficio Stampa

Anna Foglietta nei panni di Ilaria Capua, nel film “Trafficante di virus” di Costanza Quatriglio racconta al Torino Film Festival la sua esperienza nel calarsi nei panni della celebre virologa per raccontarne la complessa storia giudiziaria che la coinvolse qualche anno fa. Il film sarà in sala il 29 e 30 novembre e 1 dicembre, e poi dal 6 dicembre sarà disponibile su Amazon Prime.

Anna Foglietta, come si è calata nei panni di Ilaria Capua ? E cosa ha pensato leggendo il libro Io, trafficante di virus?

Questo libro mi è stato portato da Gianpaolo Letta durante il lockdown, l’ho letto tutto d’un fiato. In quei giorni ero forse tra i pochi che non seguivano a tutte le ore i dibattiti in tv, quindi Ilaria Capua l’ho conosciuta prima attraverso il racconto del suo caso giudiziario.

La storia per me, è incredibile, stentiamo a credere che sia reale. E’ una storia di battaglia, di giustizia, di emancipazione, di libertà. Per diventare lei ho attinto al mio spirito battagliero, per immergermi ancora una volta nella vita di una donna che si trova a dover rivendicare la propria libertà. Perché questa è anche una storia al femminile. Io dico sempre che le donne fanno quattro passi avanti e uno indietro, e questo deve finire.

Non facciamoci fermare, non facciamoci intimidire dalla depressione in cui vogliono portarci. Troviamo la forza di abbattere le barriere, lo dico soprattutto alle donne, ma anche agli uomini e alle nuove generazioni.

Anna Foglietta, hai incontrato Ilaria Capua, per preparare il tuo personaggio? Cosa vi siete dette?

L’ho conosciuta dopo l’inizio delle mie riprese, per mia volontà. La dottoressa Capua è una mente straordinaria e non volevo essere condizionata nella mia indipendenza, volevo rimanere libera di colorare il mio personaggio con luci e ombre. Dopo che l’ho conosciuta ho trovato molti punti in comune con lei, e anche con il personaggio che stavo costruendo. Per esempio nella sua lotta quotidiana per conciliare maternità e un lavoro così totalizzante come quello della ricerca.

 Cosa pensi della vicenda al centro di Trafficante di Virus?

Ilaria Capua era una studentessa brillante, eccezionale, alla quale non era riconosciuto questo suo talento, anche per una questione fisica estetica. Invece di dirle quanto sei brava, le dicevano‘quanto sei bella’. Succede spessissimo ed è un mezzo maschile per sminuire il femminile. Non ce la facciamo proprio a vedere la testa delle donne, ne vediamo solo le forme, ma questo è perché vogliono mascolinizzarci. Io qui dico “non ci avrete mai”. E’ anche questo il senso di questa storia: lei non rinuncia ad essere femminile, materna, accudente anche sul suo posto di lavoro, non si piega a questo ricatto.

Questo elemento è centrale nella sua vicenda. Questa storia senza capo né coda non credo avrebbe avuto la stessa risonanza se fosse stata un uomo.

Però è stata a un certo punto abbandonata anche dalla comunità scientifica internazionale?

Lei è stata una revolutionary mind, lei ha fatto un atto secondo giustizia, ha deciso di condividere il risultato del suo lavoro perché potesse essere usato da tutti. Stiamo parlando di una scienziata stimatissima in tutto il mondo. Poi è stata emarginata nel momento più difficile, ma oggi dirige uno dei laboratori più importanti del mondo in Florida. Non credo sia stata abbandonata dalla comunità scientifica, ma più che altro dall’Italia.

Sentite la responsabilità di far uscire “Trafficante di virus” ora, dopo la pandemia e mentre infuriano le polemiche sui vaccini?

Vedere questo film dopo quello che abbiamo vissuto e quello che stiamo vivendo, penso possa aiutarci a capire quanto lavoro c’è dietro una scoperta scientifica. Pensa ci possa aiutare a vederne il valore di progresso contro le teorie complottiste. Comprendo le paure, ma non dobbiamo perdere mai la fiducia verso chi spende tutta la sua vita per tutti, per scoprire come salvarci la vita.

Alla presentazione del film “Trafficante di Virus”, partecipa anche Ilaria Capua in collegamento dalla Florida e commenta così il film tratto dal suo libro.

“Nella mia vita mai e poi mai mi sarei immaginata di essere a un Festival del Cinema e di parlare di un film tratto da un libro che ho scritto. E’ un grande onore per me, perché l’arte spesso facilita la comprensione della realtà e di determinate vicende.

Questa storia è molto femmina, per moltissimi motivi. E’ una storia che mostra le contraddizioni che ci sono nella vita di una donna che si impegna per ottenere risultati importanti per la lotta alle malattie, e quello che una donna deve combattere con superiori, istituzioni, colleghi, ma anche di quello che deve fare a casa, dove ci sono dei figli piccoli.

Questa storia raccontata da donne, mi lascia tre messaggi. Il primo è che ci sono momenti difficili in cui la vita ti si mette di traverso, e questo vale per tutti.

La sfida più grande è prendere questi momenti difficili e trasformarli in qualcosa di utile per gli altri. E credo che questo film ci sia riuscito.

Questo film è anche riuscito a portare il pubblico dentro ai laboratorio, nella magia della ricerca.

E poi parla di leadership femminile, e non è vero che è sempre ostacolata, nella mia esperienza posso dire che spesso è riconosciuta dai collaboratori e dai colleghi.

E poi, in ultimo, questo film mette in evidenza una cosa che mi sta particolarmente a cuore: la distruzione che può provocare il processo mediatico, attraverso un’impropria rappresentazione di ciò che è la realtà. Sbattere il mostro in prima pagina può distruggere vita.

Non è giusto. A me sono stati fatti danni, ma anche a tutto il mio gruppo di ricerca che si è disgregato prima che potesse dare all’Italia il risultato del suo lavoro. Quindi spero questo film serva per riflettere su stereotipi e storture in Italia, ma io ci tengo a dire che rimango comunque una scienziata made in Italy, che ha studiato, imparato, lavorato e fatto le cose più importanti in Italia.

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