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48 HOUR FILM PROJECT: INTERVISTA A LE BESTEVEM

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Le Bestevem
I registi invadono la capitale, torna il 48 Hour Film Project. Intervista a Le Bestevem, promotrici del contest

Si può girare un cortometraggio nell’arco di 48 ore? Sembra proprio di si, ed è questa la sfida che sono chiamati ad affrontare filmmakers professionisti e amatoriali, che dal 19 al 21 ottobre invaderanno Roma a suon di “ciak” e camere in spalle.

Un’opportunità concreta per chi del cinema vuole fare il proprio mestiere, perché il “48” non è un semplice concorso regionale, ma un contest globale che si svolge in oltre 140 città del mondo, e che offre ai vincitori di ogni paese l’occasione di gareggiare alla premiazione del Filmpalooza a Orlando, e poi allo Short Film Corner al Festival di Cannes 2019.

 

I premi non si esauriscono di certo qui. C’è il premio Cortinametraggio e partecipazione al relativo festival, il premio RUFA – Rome University Fine Arts, il Miglior Esordio, il premio Rai Pubblicità con la possibilità per alcuni corti di essere trasmessi su Rai Movie e raimovie.it, e per altri di essere proiettati nei cinema del Circuito Rai.

 

Tanti anche i partner di questa edizione, Canon con delle camere in comodato d’uso per i partecipanti,  Contemporaneamente Roma 2018, SIAE, Videocittà, Canon Italia, Rai Pubblicità, Rai Movie, Roma Lazio Film Commission, Cortinametraggio, RUFA – Rome University of Fine Arts, United States of America Embassy, Embajada de Espana en Italia.

 

E non abbiamo ancora parlato della giuria: lo scenografo Dimitri Capuani (Tale of Tales, Dogman), il casting director Pino Pellegrino (Allacciate le cinture, Napoli Velata). Cristina Comencini, regista e sceneggiatrice (La bestia nel cuore, Latin Lover). E poi José Luis Alcaine, direttore della fotografia della maggior parte dei film di Pedro Almodovar, il sound editor Mark Mangini (Mad Max: Fury Road, Blade Runner 2049). L’ Hair Stylist Aldo Signoretti (Moulin Rouge, Apocalypto, Il Divo, La Grande Bellezza”. Il Make Up Artist Maurizio Silvi, (Il Grande Gatsby, Zoolander 2, La Grande Bellezza), e il montatore Walter Fasano (Chiamami col tuo nome, Suspiria). E anche la costumista Jany Temime (saga di Harry Potter, Skyfall, Spectre), e lo sceneggiatore Francesco Bruni (Caterina va in città, I Viceré, La matassa).

 

A capo di questa grande ed importante macchina Le Bestevem: Tania Innamorati, Eva Besteiro-Bertolì ed Ester Stigliano. Un’associazione culturale tutta al femminile operante nel settore artistico e audiovisivo, impegnata nella ricerca di nuovi modelli di ideazione, produzione e distribuzione audiovisiva.

 

Chi sono Le Bestevem e quali sono i loro progetti?
Ester – Quello delle Bestevem è un progetto culturale, nasciamo come associazione ma abbiamo tante idee e prospettive. Abbiamo già realizzato diversi lavori, tra cui alcune bozze per dei cortometraggi che speriamo vengano poi realizzati. Il nostro primo lavoro è stato, quello che poi ci ha fatto capire che avremmo potuto lavorare insieme e rendere produttiva la nostra attività, un cortometraggio il cui staff per la realizzazione e produzione era composto da sole donne, circa venti. L’unico uomo era Tinto Brass! A lui abbiamo inviato la nostra sceneggiatura senza conoscere nessuno. Lui si è innamorato del nostro progetto e ha deciso di partecipare come attore. Alla fine il corto è stato selezionato allo Short Film Corner di Cannes e anche ad altri festival.Da lì è iniziato tutto, e ci è poi stato proposto di produrre il 48 Hour Film Project, il nostro maggiore progetto. Il motivo per cui ci impegnamo tanto a realizzare nel modo migliore questo concorso, è perché diamo a tantissimi ragazzi delle possibilità che non avrebbero altrimenti, gli diamo visibilità, l’opportunità di entrare in contatto con professionisti e dare un senso al lavoro svolto.

 

Quali sono le difficoltà per una donna, e in generale nel nostro Paese per portare avanti progetti culturali?
Tania –  Parlo per la mia esperienza: io sinceramente non mi sono mai sentita discriminata, in nessun ambito lavorativo. Sono nata e cresciuta in una famiglia in cui c’è sempre stata totale e assoluta parità quindi anche se mi discriminassero forse neanche me ne accorgerei, perché non so cosa vuol dire. La scelta di creare un gruppo di sole donne nasce, per me, dal fatto che tra donne ci capiamo meglio e sinceramente mi diverto di più. Il fatto che in ambito culturale e sopratutto cinematografico le donne siano discriminate, però, mi sembra sia un’evidenza matematica: quanti registi uomini ci sono, quante donne invece? Quando questa differenza non sarà più così lampante vorrà dire anche l’Italia sarà progredita.

 

Da 5 anni siete organizzatrici del contest per filmmakers The 48 Hour Film Project. Come nasce questa iniziativa e di cosa si tratta?

 

Tania – Sono stata contattata un giorno dal precedente organizzatore, Enrico Ventrice per organizzare la serata conclusiva dell’adattamento televisivo del concorso che andava in onda su Rai5. Mi sono divertita tantissimo (anni prima ero stata anche concorrente) ed è iniziato con Enrico un bel sodalizio durato anche l’anno successivo. Poi lui si è trasferito negli Stati Uniti per lavoro e mi ha chiesto se dall’anno successivo volevo sostituirlo nell’organizzazione. Nel frattempo stavano nascendo le Bestevem, un meraviglioso e delirante gruppo di lavoro con cui avevo appena concluso un cortometraggio dal titolo Eve al Desnudo, una dark comedy, il cui unico elemento maschile era Tinto Brass nel ruolo di uno sfortunato cliente di due escort (che si riveleranno poi altrettanto sfortunate). Il cortometraggio fu girato in 3 giorni, costato 700 euro e la troupe di una ventina di elementi (compreso macchinista e elettricista) era composta appunto da sole donne. Eve al Desnudo fu selezionato nel 2015 nella sezione Short Film Corner del Festival di Cannes. Del gruppo iniziale de Le Bestevem, in 3 ci siamo imbarcate nell’avventura del 48: io Eva e Ester che oltre ad essere colleghe, siamo anche molto amiche.

 

Che tipo di opportunità può dare la partecipazione a questo contest, per un giovane che vuole tentare questo mestiere nella vita?

 

Eva – L’opportunità per i ragazzi è, innanzitutto, mettersi alla prova, dato che il mestiere del cinema è un tipo di lavoro in cui si lavora sempre guardando l’orologio, perché il tempo è denaro. Quindi lavorando sotto pressione in un tempo molto limitato, aiuta a prepararsi meglio per il futuro. Questo è utile anche per testare la squadra, capire se nel futuro si può lavorare insieme. Serve inoltre a dare visibilità, perché parliamo di un concorso prestigioso che si fa in tutto il mondo, ti mette in contatto con persone da tutto il mondo se riesci a vincere. Dalla finale italiana si va a quella mondiale, e ancora di più se si va allo Short Film Corner di Cannes.
Quindi tanta visibilità, mettersi a confronto con gente che fa cinema in altre parti del mondo, visibilità con la giuria, perché avendo una giuria internazionale c’è la possibilità di far vedere i propri lavori a persone cui normalmente è difficile accedere. Ed eventualmente riuscire anche a lavorare con questi personaggi, come già è successo in passato che qualche giurato ci ha chiesto il nome di qualche vincitore per farlo lavorare con loro.

 

La giuria del concorso è una giuria qualitativamente molto alta, ci sono stati in passato grandi nomi del cinema nostrano come Marco Gaudino, Lina Wertmuller. Come anche nomi internazionali: Deborah Landis, Michael Radford. Quest’anno fra i primi nomi annunciati Dimitri Capuani famoso per la scenografia di Tale of Tales e Dogman, il casting director Pino Pellegrino, e la regista e sceneggiatrice Cristina Comencini. Come reagiscono questi personaggi, come si pongono nei confronti dei concorrenti?

 

Eva – La giuria è sempre molto entusiasta, sono quasi tutti professionisti di altissimo livello che amano particolarmente i giovani, gli studenti, e quelli che poi saranno il futuro del cinema. Quindi sono sempre super disponibili, e molto precisi. A loro piace molto quando gli raccontiamo del progetto. Letteralmente impazziscono! E devo dire che più è alto il livello, quindi parliamo di premi Oscar, vincitori a Cannes, più sono precisi e meno se la tirano.

Per quanto riguarda i concorrenti invece? Con che spirito affrontano questa sfida?

 

Ester – Quello che ci spinge ad andare avanti, perché ogni anno pensiamo di non fare più il “48” per l’alta carica di stress, è che quando vediamo i volti dei ragazzi che partecipano al concorso, il loro entusiasmo, i loro occhi che brillano al pensiero che il loro corto possa fare il giro del mondo, i premi che possono vincere, è una sensazione bellissima per noi. Ci dà vitalità e voglia di fare, nei loro occhi c’è la voglia di fare qualcosa di buono e positivo, nonostante l’atmosfera che c’è oggi in Italia. Sono sempre contenti ed entusiasti, ci sono ragazzi che partecipano tutti gli anni. Qualcuno ci ha detto “Il 48 è come il Natale, non posso non partecipare”. Ci sono quindi ragazzi che partecipano sempre, i cui lavori poi hanno avuto successo, hanno condotto masterclass preparatorie per i nuovi iscritti. C’è molta partecipazione e coinvolgimento, e questo non può che essere fantastico!le bestevem

 

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